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di Gabriele Adinolfi -

 

Ovunque in giro per l'Italia la gente mi dice sconsolata: “la destra è sparita”.

Intende dire che le manca un luogo dove ritrovarsi, arroccarsi e sentirsi rappresentata dal quale muovere le critiche al governo. Che non si aspetti, o forse non immagini neppure l'ipotesi, di fare un'azione in profondità, dedita a cambiare da subito e in concreto i rapporti di forza economici, di potere ed ideali, lo do purtroppo per scontato. Questo è il grande gap da colmare, il medesimo che Marx, Lenin e Mussolini dovettero affrontare attorniati com'erano da social-esibizionisti inconcludenti.

Su questo fronte mi batto da anni e continuo a definirlo essenziale. Ma soprassediamo per il momento e veniamo alla destra che manca.

I collanti della destra sono spariti

A farla sparire sono venuti meno i due soli collanti che l'avevano tenuta in piedi. Il primo era stato l'esclusione: non avendo possibilità di far politica, e di dimostrare così a tutti la sua incapacità, essa sopravviveva nel ghetto grazie al ghetto. Il secondo gliel'aveva poi fornito il suo sdoganatore, Berlusconi, divenutone leader. Accerchiato, attaccato, tradito in particolare dagli ex missini, egli ha ora lasciato la presa e la destra si è sciolta come una candela. Nessun ghetto a tenerla unita, nulla da dire o da fare perché niente nella testa, allora cosa di meglio che riprendere da oltre frontiera le parole d'ordine del trinariciutismo populista anti-europeista di cultura wasp e sperare di capitalizzare in voti qualche mal di pancia di troppo al quale offrire soltanto slogan demagogici e nessun progetto reale? A che servirebbe d'altronde un progetto visto che la fossilizzazione eventuale di uno zoccolo duro del malcontento refrattario oscillerebbe tra il 10 e il 22% dell'elettorato assicurando al renzismo quindici, venti, forse trent'anni di regime neo-democristiano?

La Lega è in vantaggio

Per mettere saldamente le mani sul gruzzoletto dei refrattari, la Lega è in vantaggio, per il portato del suo semplicismo demagogico ma anche per la mancanza di complessi da cui gli ex-missini non riescono proprio a guarire. Da un anno in qua la Lega batte il tamburo e tutt'intorno in ordine sparso ex missini, ex alleanzini e movimenti della galassia nera cercano spazio e sponda.

Nulla di male in sé a patto, come scrivevamo qualche mese fa, di non puntare sulle elezioni ma sull'avvento di una dinamica popolare, di base, atta a costituire un “polo del popolo” con contropotere e battaglia attiva e vincente (ovvero non fatta di sole lamentele elettorali) contro lo Ius Soli. Attendiamo riscontri in merito, per ora c'è soprattutto agitazione confusa e di lì ad una sinergia strategica il passo non è breve.

Hanno votato per la dittatura del pensiero

Se il buongiorno si vede dal mattino, temo proprio che si stia perdendo tempo.

Al Senato è appena passata la legge integrativa alla Mancino che condannerà non soltanto chi neghi la fondatezza storica dell'Olocausto ma anche chi discuta le verità rivelate della seconda guerra mondiale. Siamo all'istituzionalizzazione del reato d'opinione, della storia scritta per legge e della polizia del pensiero, con tanto di corti speciali. Qualunque cosa si pensi di qualsiasi argomento messo all'indice, poco importa: se si sostiene un passaggio a regime non si può poi dire che lo si contesta. I quindici senatori della Lega hanno votato contro questa legge assurda? Nemmeno per sogno! Due esponenti del Nuovo Centro Destra invece sì. Ma ci fermiamo lì.

Cosa farà Fratelli d'Italia in Parlamento? Voterà contro oppure, come si vocifera, tenterà d'inserire come ipotesi di reato la negazione delle Foibe? Allargamento della persecuzione alla libertà d'opinione.

Le differenze con la maggioranza sono riformiste

Non ci siamo proprio. Tralasciamo il portato del populismo demagogico che contraddistingue l'opposizione che sta formandosi, un insieme di concetti che non appartiene al nostro mondo d'idee in nulla tranne la difesa dello Ius Sanguinis, qualora ci fosse sul serio, e la preoccupazione per la Sovranità nazionale che però ha valore solo se è attualizzata e se è integrata con l'idea nazional-imperiale d'Europa. E' però anche il modo di porsi di questo polo del dissenso che lascia perplessi.

Siamo in pieno nel pensiero riformista, ovvero di coloro ai quali l'apparato intero non dispiace, solo vorrebbero correggerlo un po'. Così se davvero si vuol riformare il diktat sulla Shoah semplicemente aggiungendovi le Foibe, sul resto dubito che vi sia un approccio più promettente.

L'altra grande battaglia della destra che non c'è, quella contro i matrimoni gay, è infatti impostata in modo preoccupante. Anziché proporre una rifondazione radicale della famiglia e della società e reagire alla svirilizzazione continuativa, anziché distinguere i diritti sessuali e giuridici di tutti dalla teoria del gender che è un altro elemento centrale della distruzione identitaria dall'alto, l'approccio è quello estetico e manieristico della difesa della “famiglia tradizionale”. Una famiglia che tradizionale non lo è affatto e che, sinceramente, nella deriva odierna è come minimo da rifondare del tutto, iniziando a rieducare le mamme castratrici, mentre si deve rivoluzionare la logica di fondo su cui si basano le coppie che è quello della società a responsabilità limitata.

Basta non illudersi e non prendersi in giro

Non vedo sinceramente all'orizzonte alcun pensiero forte, radicale e radicato che vada in contrasto reale e risoluto con la cultura dominante, schiavizzante, de-identificante e svirilizzante.

La prova del fuoco è vicina: faremo la conta al Parlamento dei no alla legge “decidiamo noi cosa dovete pensare” e poi trarremo le conclusioni.

Temo che siano scontate. Qualunque dinamica s'intraprenda, anche se obbligata, si deve allora sapere che si ha a che fare con le sabbie mobili e non con il solido marmo. Quando si edifica si deve esserne coscienti altrimenti, se si fa affidamento sugli altri senza consapevolezza, o, peggio, non volendo ammettere per quieto vivere quel che pure si sa, vale l'adagio “chi di speranza vive disperato muore”.

E non piangete per la destra sparita. Magari è meglio che sia così, che ci si renda conto che ci troviamo nel deserto invece di crederci altrove recando però deserti dentro di noi.

Nel deserto si può andare anche da soli se si ha la stella polare e si può dialogare con altri viandanti: affidare ad essi la nostra via d'uscita esistenziale sarebbe rovinoso.

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