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di Gianni Fraschetti


Se ci si sofferma, anche per poco, a osservare le convulsioni e i contorsionismi verbali dei politici "de panza" e dei "peones" che da essi dipendono, qualsiasi vaga speranza che questa gente abbia minimamente a cuore le sorti della Nazione e di sessanta milioni di italiani va riccamente a farsi benedire.

A questi non gliene frega un tubo di noi, dei nostri problemi, di come facciamo ad arrivare alla fine del mese e del fatto che l'Italia, per alcuni quinta, per altri sesta potenza industriale del mondo, ai tempi della vituperata Lira, si avvia ormai a fare parte stabilmente nemmeno del Terzo mondo ma direttamente del Quarto, ove saremo forse nuovamente competitivi e avremo la possibilità di fare un campionato di vertice come ai bei tempi, nella categoria però che attualmente ci compete.

Quella dei pezzenti senza speranza, ovvero là dove ci hanno portato Prodi, Amato, Ciampi, Draghi, gli ultimi tre premier e tutta la fottuta dinastia del Partito Unico dell'Euro, con la distratta ma fattiva e determinante collaborazione del sistema dei partiti nel suo complesso,  e dei nostri magnifici mille parlamentari. Quelli che in questi anni hanno hanno votato i vari trattati che ci condurranno alla rovina senza nemmeno averli letti.

Perchè così funziona e per dire come siamo ben messi basta sottolineare che al momento il nostro illuminato Premier, quello attuale, che riassume in sè il meglio delle peculiarità degli ultimi due che lo hanno preceduto, è in perenne movimento, accompagnato da uno stuolo di faccendieri di ogni risma e sta cercando di promuovere, come un piazzista da strapazzo di aspirapolveri o di pentole, la svendita in saldo dell'Italia.

A prezzi stracciati. Qualità italiana (basta pensare a Finmeccanica) a prezzi cinesi. All'ingrosso, al dettaglio e pure in stock. Liquidiamo tutto e finalmente, dietro le chiacchiere e i proclami, Renzi può fare ciò per il quale è stato messo lì: il commissario fallimentare. E vedrete che la banda dei lecchini dopo gli dirà anche bravo.

Quanto a noi, avremo il finale che ci siamo meritati. Rimarremo in mutande, poveri in canna e soli, a piangere calde lacrime mentre il nostro debito pubblico, rigorosamente in Euro e quindi in valuta estera e inestinguibile, continuerà a crescere allegramente, come abbiamo potuto constatare anche in questi anni di quaresima impostaci da Monti in poi. Tre governi che quanto a capacità dissipatoria non si sono dimostrati secondi a nessuno, addirittura migliori di Berlusconi e Prodi che certo non scherzavano.

Poveri in canna e disperati quindi, avvinti in un abbraccio mortifero a questa invereconda classe politica che ci ha condotti fino a questo punto, fino a dentro il baratro ma che non ha rinunciato a nessuno dei propri privilegi o a un centesimo delle proprie ricche prebende e che a tutto pensa salvo che ad andarsene.

Paghiamo pesantemente dazio per la nostra dabbenaggine e il nostro colpevole disinteresse. Ci abbiamo messo settant'anni per capire che abbiamo sbagliato tutto e nemmeno tutti lo hanno ancora capito, a dire il vero. In troppi denotano infatti preoccupanti vuoti mnemonici e carenze di comprendonio che già da soli basterebbero a giustificare il nostro attuale e mortificante posizionamento sia nello scacchiere geopolitico mondiale che nelle speciali classifiche economiche degli sfigati.

Ragazzi, se uno squalo come Marchionne ha detto addio patria ingrata, ed è tecnicamente emigrato negli USA, con armi e bagagli al seguito, secondo voi cosa vuole dire? Che siamo sostanzialmente del gatto, ecco cosa vuol dire. Qui non è rimasto più nulla da sgranocchiare per questi fuoriclasse del capitalismo coi soldi degli altri. Nemmeno qualche osso sbiancato dal sole.

Un popolo di santi, di eroi, di navigatori e di poveri coglioni dunque, e pure di quelli tosti, che si ostinano caparbiamente a negare anche l'evidenza palmare dei fatti e che continuano a riporre, almeno per una buona metà del campione statistico, una fiducia assolutamente demenziale in Matteo Renzi e magari, per fare un nome inossidabile, pure in Pierferdinando Casini e già che ci siamo pure in suo suocero, il papà di Azzurra, il mitico Francesco Caltagirone, esponente di primo piano di una famiglia che è un vero must nella storia d'Italia e vero padrone delle ferriere centriste.

Da "a Fra' che te serve...?", alla vicenda Italcasse, all'attuale partito-famiglia gestito tramite Pierferdy, non c'è passaggio della storia politico-affaristica-economica d'Italia degli ultimi cinquanta anni, anche scabroso, anche vergognoso che non abbia visto coinvolto almeno un Caltagirone. Assai più spesso due, che poi sono tanti ed indistinguibili tra loro perché non è che brillino per fantasia nei nomi.

Francesco, Gaetano e quando siamo in vena assolutamente creativa Francesco Gaetano. Già, perchè mica solo Berlusconi ha il problemino del conflitto d'interessi. Pure al centro e a sinistra si confligge, eccome. se si confligge. Solo che al Berluskaz ci si fa caso, agli altri no e dire che nel nostro squalificato parlamento sono in parecchi a mischiare gli affari loro con quelli della cosa pubblica.

Molti ce ne sono e parecchi altri si preparano ad esserci, dopo il capolavoro di quel simpatico Montezemolo, un altro evergreeen, del quale il padre (putativo) Gianni Agnelli disse..."...poi Luca ci fara' sapere che vuole fare da grande....", che detta cosi' non e' che riverberava poi tanta considerazione verso il giovine virgulto (si fa per dire, visto che Luchino aveva già quaranta anni suonati da un pezzo quando l'Avvocato gli dedicò questo madrigale), adesso è in pista di lancio Passera il banchiere rinviato a giudizio per truffa e frode fiscale.

Una personcina ammodo, lievitata all'ombra di De Benedetti - il che è già una garanzia - e che dopo avere sfruttato la prima e la seconda repubblica a fondo e in ogni possibile modo, adesso va in cerca della terza, quale doveroso dessert che gli addolcisca la vecchiaia (che brutta parola!) e quale succulento premio finale per una vita ben spesa, e per farsi aiutare nell'impresa ha arruolato tutti i manager disoccupati presenti sul mercato e ha fondato un movimento/partito che si chiama come una Banca: Italia Unica.

Insomma sta preparando una sorta di carica dei 101. Ma non sono cuccioli di dalmata questi. Sono sciacalli affamati. Proprio quello che ci vuole per darci l'ultima sistematina. Il tutto nel totale disinteresse dei nostri mille deputati e senatori che hanno ben altro cui pensare e ormai sembrano esattamente ciò che in effetti sono. Dei precari perennemente afflitti e mentalmente disturbati da un'unica immensa angoscia che toglie loro il sonno e il respiro. Quella di essere trombati o ancora peggio di non essere nemmeno ricandidati. Un vero incubo.

Il Senato è ormai, di fatto, soppresso nella attuale configurazione e neri nuvoloni carichi di tempesta si vanno addensando sulle loro teste senza che sia data loro la possibilità di poter fare nulla. Tra decreti legge e richieste di fiducia da parte del Governo è una sommatoria di negatività che lascia ai tapini  ben poco spazio per manovrare e ben poche possibilità di scamparla ed è ovvio che in siffatte circostanze di voglia e di tempo per pensare, anche di sfuggita, all'Italia ed agli italiani, ne avanza veramente pochino Anzi per niente.

A dire il vero di voglia ce n'era poca, molto poca, anche prima ma almeno si tentava di salvare le apparenze. Adesso nemmeno più quello e quindi non hanno nulla da dire, da suggerire e da proporre rispetto a un Premier e a un Governo che da parte loro stanno riportando l'Italia alla condizione pre-risorgimentale di espressione geografica e gli italiani a quella di cafoni e morti di fame, consona a quel periodo.

Ormai tutti ci sputano in faccia, dagli indiani fino ai tifosi di calcio olandesi, ma costoro, detta molto sinteticamente, se ne fregano. L'unica vera ossessione di tutti loro è tornare in qualche modo in parlamento. Quanto all'Italia che si fotta pure. Non hanno tempo per queste quisquilie.

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