di Gianni Fraschetti -
Se mai sarà fatto un elenco di coloro che hanno portato il mondo della destra italiana, di "quella" destra, alla attuale, penosa, condizione, le primissime posizioni toccheranno senza dubbio alla covata dei colonnelli che combinò veri sfracelli, sia in epoca tardo missina che in fase di costituzione e gestione di quell'aborto malriuscito che fu Alleanza Nazionale. Eppure, ancora oggi, parlano da pari loro, insulsi, vuoti e arroganti come sempre, intorno all'ipotesi di una costituente di destra che questi ipocriti lazzaroni vorrebbero far coincidere con la resurrezione di A.N.
Ovvero la resurrezione della creatura che essi stessi hanno ucciso, chiudendo definitivamente una storia cominciata venti anni fa. Una storia che, secondo me non avrebbe dovuto mai iniziare, ma non secondo questa banda del corpo sciolto che allora, insieme a Fini, decise tutto. Modalità di nascita e percorso che la nuova creatura avrebbe dovuto intraprendere per soddisfare al meglio le loro personali ambizioni, e guardate bene la fine che hanno fatto, fra tutti.
Una storia comica e tragica, di sconclusionati pifferi della montagna che scesero a valle per suonare e che furono suonati come tamburi, raccogliendo infine quello che avevano sciaguratamente seminato, a partire dal Congresso di Fiuggi e dalla nascita di Alleanza Nazionale, per passare poi alla vita politica quotidiana di un partito che in vent'anni celebrò un solo congresso, a Bologna, e che congresso ...Una roba da vergognarsi.
Concluse poi questa tragica epopea con la fusione per incorporazione nel PDL, l'ultima botta di genio di una classe dirigente dal Q.I. spaventosamente deficitario, della quale l'espressione "colonnelli" non riesce a rendere compiutamente l'idea. Se mai furono colonnelli lo furono solo nel guidare una estenuante guerra civile all'interno del partito per la conquista di poltrone e prebende. Furono divisivi, perniciosi e fondamentalmente cretini.
La stessa AN fu una felice intuizione per loro e pochi altri, e una iniziativa politica demenziale per parecchia altra gente, compreso il sottoscritto. La nostra specifica identità era il bene più prezioso che avevamo, quello che faceva la reale differenza sul campo e non si era mai visto, nella pur breve storia della repubblica italiana, che un partito vincente su tutta la linea, premiato addirittura dal crollo del sistema che aveva combattuto, venisse soppresso, dalla sera alla mattina. Senza un momento di approfondita riflessione e senza un serio e serrato dibattito interno.
A meno che non si voglia considerare tale quel delirio apologetico di Fiuggi, dove una banda di lestofanti si rubò, senza nemmeno votare, un partito intero, con tutto il simbolo, per fini puramente personali. Lo rubò e poi lo uccise, affogandolo come un gattino, con la supponente e insopportabile leggerezza che da quel momento avrebbe accompagnato ogni gesto politico di questa ciurmaglia. Dopo l'omicidio mostrarono agli italiani la nuova creatura che era stata partorita. Quello sgorbio fetente di Alleanza Nazionale.
Fino a quel momento una sorte benigna ci aveva spinto, naufraghi e in balia delle onde, sulle coste della terra promessa ma da quel momento, quando si trattò di metterci anche del nostro, non ne abbiamo più azzeccata una. Con Fiuggi si entrò ufficialmente nell'era dei colonnelli, senza soluzione di continuità, senza tregua, e senza nemmeno un attimo per fare respirare il cervello. Fino all'inevitabile epilogo e alla appendice tragicomica che arriva fino a questi giorni.
Per dare vita a questo capolavoro dunque, nel 1994, nel breve volgere di qualche settimana, un mondo intero, fatto da uomini e donne, giovani e meno giovani, di ogni ceto sociale, un patrimonio umano, di idee e di ideali e una riserva morale e spirituale al servizio della Nazione intera (e lo si era visto alle recenti amministrative), che era sopravvissuto a settanta anni di ghetto e di liste di proscrizione, di arco costituzionale e di antifascismo militante, a tutti i livelli, chiavi inglesi, pistole e pugnali compresi, divenne improvvisamente obsoleto e impresentabile e venne rottamato. Tanto per usare un verbo di gran moda oggi.
E il colonnellume, assurto ormai a scranni ministeriali, in una riedizione al contrario dell'8 settembre, svestì frettolosamente panni ritenuti compromettenti per presentarsi a capo chino e col cappello in mano nelle magioni di coloro che avevano perduto, chiedendo di essere invitati alla festa o magari di essere presi a servizio. Gettò via abiti gloriosi dei quali, però, si vergognavano da tempo, per indossare le luccicanti e fastose polpe da servitori di palazzo e portare così a definitivo compimento l’intuizione di Pinuccio Tatarella: una bella e ariosa alleanza di social nazionali, liberali, cattolici e società civile. Un mostro policefalo dall'alito fetido, dalla incerta identità e dalla vocazione incomprensibile. La teoria gender applicata alla politica, che aprì le porte di casa nostra al caos più totale.
Tatarella morì poco dopo e quindi non è dato sapere se e come avrebbe corretto la sua creatura che fu da subito un fritto misto di cani sciolti, arrivisti di ogni tipo e razzumaglia della peggiore specie e delle più disparate provenienze. Una riedizione in sedicesimo della peggiore DC, una armata Brancaleone allestita in fretta e furia che avrebbe dovuto, quantomeno nelle intenzioni, rappresentare la maggioranza degli italiani e quindi guidare il paese, o tale era almeno la speranza, alquanto vaga nei contenuti, dei geniali artefici di tale progetto.
Certamente fu un miscuglio totalmente mancante di qualsiasi "ratio" politica, privo di un proprio spazio naturale. Uno sconclusionato assetto partitico che si era programmato e perseguito freddamente, a tavolino, con la precisa intenzione di mettere insieme e fare coesistere il colto e l'inclita, il barone e il cafone, l'onesto militante e il razziatore ed il possibile con l’impossibile.
L'unico fine di questo Frankestein era il potere in quanto tale, fine a se stesso e senza nemmeno una vaga idea di cosa farci dopo. Prova ne sia che anche quella vaga identità, insita nelle origini di destra del partito, venne immediatamente sfumata e soppiantata dall'eterno tormento dei cattolici in politica, dalle peggiori castronerie neoliberiste in economia e da quanto di peggio i nuovi arrivati si inventavano e rovesciavano quotidianamente sulle scrivanie dei colonnelli, nell'intento di acquisire meriti ai loro occhi e scalare in questo modo la nomenklatura interna.
Un vero troiaio, sotto ogni punto di vista. Il partito militante, quello che aveva pagato un pesante tributo di fatica e di sangue negli anni della cosidetta prima repubblica, venne soffocato dalle lobbies ed emarginato, e tutto ciò avvenne senza nemmeno il conforto di un robusto incremento di voti. Il FN francese, che ha una identità sociale addirittura scolpita, ha sempre sopravanzato di gran lunga AN in termini elettotali.
L'idea romantica degli uomini dalle diverse provenienze uniti dal collante ideale di valori e obiettivi condivisi non era certo nata con AN e avrebbe anche potuto funzionare. Le legioni romane adottavano questo sistema e ancora oggi è alla base di quel monolite che è la Legione Straniera, ma sarebbero servite idee chiare, valori condivisi, una disciplina di ferro, un rigore cartesiano e soprattutto una classe dirigente degna di questo nome. Dunque, non era certo il caso di AN dove c’era solo abbondanza di colonnelli sudamericani, scarsi di materia grigia e di attributi e ricchi solo di pennacchi al vento e sfavillanti corti dei miracoli al seguito. Non c'era un obiettivo finale, nè un percorso condiviso che non fosse immediatamente riferibile a poltrone da occupare, possibilmente con gentaglia.
Quindi non poteva funzionare e infatti non funzionò. Mai. Produsse solo continue faide intestine, uno stato di fibrillazione permanente nella ricerca spasmosdica di qualsiasi forma di intelligenza da sopprimere e una incapacità cronica, da parte di chi doveva comandare, di esercitare il comando. Questa fu AN ed era evidente che il codice genetico della sua classe dirigente non contemplava il poter fare bene, nemmeno in via puramente teorica. Esso infatti comprendeva e coniugava perfettamente solo il linguaggio triviale delle correnti interne con tutti i suoi postulati, corollari e possibili declinazioni, ovvero tendeva a formattare e a far vivere il partito esattamente al contrario di come sarebbe servito, quantomeno per esercitare decorosamente il potere. Quantomeno per amministrare senza farci maledire fino alla quinta generazione.
In venti anni di nientismo desolante AN non è riuscita a portare a termine un solo progetto che si potesse vagamente riferire a una destra sociale. Zero idee, zero proposte, zero progetti. Non è riuscita a fare nemmeno le battaglie più eclatanti e naturali - il presidenzialismo per esempio - o almeno a lanciare una parola d'ordine facilmente orecchiabile dagli italiani. E infine, colmo dei colmi, non è riuscita a definire una prospettiva economica chiaramente riferibile alle nostre radici, e dire che ce ne era di farina per impastare il pane.
In compenso centinaia di suoi parlamentari hanno entusiasticamente votato i trattati europei che ci hanno condotto dove siamo adesso e in tutto ciò, pur avendo sistematicamente piazzato un membro nel CdA RAI, non è nemmeno riuscita a proporre un modello culturale che avesse un minimo di attrattiva. Il massimo per loro era Pino Insegno, rassegnatevi. E se vogliamo poi dirla tutta, è stata anche totalmente incapace di costruire un sistema di potere becero. Di quelli brutali, tesi alla sola clientela e al fatturato politico, e ci siamo capiti. Il tutto pur governando e pur partecipando sempre alla spartizione della torta, e la mattanza brutale di Alemanno a Roma, da parte di un poveraccio che dovrebbe solo fare ridere ne è la più cruda testimonianza.
Di fatto AN non ha mai avuto uomini all'altezza del compito, a nessun livello, ma unicamente soggetti raccattati qua e là, indefiniti politicamente, quasi sempre ignoranti, molte volte stupidi e fin troppo spesso ladri. Ecco il bel centrodestra che questi soggetti, che oggi parlano tanto, contribuirono a costruire e se a ciò aggiungiamo una incapacità cronica e congenita di Gianfranco Fini a esercitare il comando, una attività che pareva quasi annoiarlo a morte in certi momenti, non stupisce che per vent’anni l’unica reale immagine della destra che è risultata ben visibile a tutti, sia stata quella, come ha scritto qualcuno, "...di una ciurma di rozzi arraffatori, puttanieri e minchioni di ogni risma..." .
L'unico reale segno di attività elettrica a livello cerebrale all'interno del partito, pareva essere il tormentone dell'abiura e del male assoluto, unica reale costante del pensiero finiano altrimenti assolutamente latitante. Sarebbe stato di gran lunga meglio finire in coma e morire in quegli anni, visto come poi è andata a finire. Ma evidentemente la lezione non è bastata e oggi vorrebbero tornare in campo, magari con i soldini della Fondazione, e da questa disperata illusione riunioni su riunioni, incontri su incontri e convegni a pioggia. Convegni che naufragano in analisi "politicamente corrette" quanto inutili e fuori dal contesto geopolitico attuale.
Il tempo però é scaduto, non c'è futuro per i destraterminali.
I responsabili di più gigantesco fallimento che storia politica ricordi, non hanno alcun titolo per riproporsi. Una realtà esiste, quella creata con enorme sforzo e sacrificio da Giorgia Meloni che ha restituito a un mondo un'immagine credibile e spendibile, e almeno una speranza.
Mettere i bastoni fra le ruote invece che dare una mano è davvero un ulteriore crimine politico che sin aggiunge al museo degli orrori che è la vita politica di questi individui.