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(Informare) - Nel mondo multipolare e iperconnesso si sono sviluppate nuove forme di guerra su nuovi terreni di scontro. I principali sono i social network, inizialmente luoghi virtuali di incontri e scambi di opinione, ora assurti al ruolo di informazione ma anche di controinformazione. Distinguere i tratti corretti da quelli che intendono sviare la realtà è estremamente complesso, soprattutto se l’inganno è architettato da professionisti che si affrontano in una guerra cognitiva che ha quale obiettivo il controllo di questa nuova dimensione.

Le operazioni psicologiche fanno ormai parte del quotidiano degli eserciti di tutto il mondo. A puro titolo di esempio in Italia i nuovi soldati delle operazioni psicologiche (PsyOps) sono inquadrati nel 28° Reggimento Pavia che dipende dal COmando FOrze Speciali ( lo stesso da cui dipendono gli Incursori, per capirci), in Inghilterra nel 77° Battaglione dell’esercito, anche esso assimilato a una unità delle Forze Speciali e negli Stati Uniti nel Military Information Support Operations (MISO) che fa parte anche esso del United States Special Operations Command. Ovvero Forze Speciali anche lì.

Si tratta ovunque di personale altamente addestrato per operazioni complesse e coperte che tendono allo sviluppo di strumenti adatti all’inganno, ma anche alla distruzione, alla degradazione ed all’usurpazione delle reti di mappature. Una delle tattiche con la quale combatteranno è definita “controllo del riflesso” e consiste nel confezionare ad arte informazioni false, in tale modo da indurre il bersaglio a reazioni già previste e programmate. Una sorta di battaglia combattuta su Facebook e Twitter, dove vengono diffuse disinformazione e verità abilmente mescolate tra loro, in modo che gli utenti non possano capire dove è celato l’inganno. I Chindits del 77° Battaglione inglese, così denominati a ricordo dell’unità che operò in Birmania dal 1942 al 1945, sono divenuti oprativi in questo mese di Aprile del 2015 e il raggruppamento è composto da 1500 guerrieri dello spazio virtuale, mentre noi italiani siamo già operativi da diversi anni, come gli americani.

La guerra cognitiva è un passaggio da quella di annientamento al nuovo concetto di operazioni diverse dalla guerra classica; i rischi di tale passaggio, che potrebbe ingenerare effetti psicosociali imprevedibili in cui la sicurezza dell’individuo non sarebbe garantita, sono paragonabili a quelli di un conflitto nucleare. Una non-guerra combattuta nello spazio virtuale, dove la vittoria è più rappresentativa di uno scontro militare, oppure, citando Luttwak, guerra post-eroica. Quest’ultima probabilmente non potrà prescindere dal sistema finanziario e dallo sviluppo tecnologico, in particolare da quello applicato al commercio e ai servizi.

Le armi informatiche potranno essere le capacità e le identità civili. L’obiettivo della disinformazione si prefigge non la distruzione dello Stato avversario, ma un’azione psicologica contro il nemico nel suo stesso territorio. Una politica della comunicazione volta a demotivare il competitore, ma a lasciare intatte le sue risorse. Un concetto antico, che risale a Sun Tzu, ignorato nelle guerre convenzionali, ma ripreso nel mondo contemporaneo, dove salvaguardare le risorse tecnologiche e naturali dell’antagonista rappresenta la nuova filosofia della conquista. La guerra dell’informazione dei reparti PsyOps si prefigge operazioni sulla psicologia sociale, ossia intende influenzare emozioni e motivazioni dell’antagonista in modo da poterne controllare e prevenire i comportamenti.

L’obiettivo del controllo dell’informazione è ledere il sistema cognitivo, dunque non più il corpo ma la mente, instaurando una percezione dell’identità alterata di una persona o di una organizzazione. La risultanza sulla distribuzione di immagini, simboli o informazioni, che produrranno i Facebook Warriors, rappresenta una forte incognita; infatti è prevedibile, ma non certa, la decodifica che i ricettori assegneranno ai singoli eventi creati dalle Forze Speciali: in base al retaggio culturale, alle credenze religiose, al ceto sociale di appartenenza, alla condizione economica personale ed alla società in cui vive, ogni singolo soggetto bersaglio avrebbe una diversa percezione della falsa realtà mediatica che gli verrà imposta, con reazioni e implicazioni imperscrutabili.

Di fatto, gli effetti delle azioni di manipolazione cognitiva potrebbero sfociare in risvolti molteplici e non determinabili. Una minaccia che si estenderebbe a tutte le Nazioni, anche a quelle dalle risorse economiche e tecnologiche non sviluppate. Pericolo che aumenta esponenzialmente in quei Paesi dalla scarsa omogeneità nazionale o fortemente divisi fra etnie culturali e religiose. Con l’ausilio della guerra cognitiva si può tendere anche a rallentare lo sviluppo di una Nazione. Per bilanciare gli squilibri regionali e globali, è stata ipotizzata anche la deterrenza nucleare: ossia creare una compensazione fra Stati basata sulle armi di distruzione di massa che possa trasmutarsi in un equilibrio cognitivo. La parificazione nucleare non escluderebbe in ogni caso le ingerenze della disinformazione, ma si annullerebbe nelle micro conflittualità regionali, le cui cause a volte sembrano distanti dalle logiche dominanti dei Paesi tecnologicamente ed economicamente avanzati. La proliferazione nucleare di un singolo Stato, avrebbe un forte impatto sulla società della Nazione stessa, con il rischio della nascita di gruppi dalla forte identità, pervasi da un super-io tale da indurli ad accettare la distruzione totale e dunque di loro stessi, come strumento razionale per raggiungere il fine prefissato.

 

 

 

...Il loro obiettivo è di distruggere tute le religioni esistenti tranne la loro, tutti i governi tranne il loro, e di ingabbiare la popolazione in un sistema di debito eterno ed oppressivo incatenandola ad un computer per il resto della loro vita. In un mondo di propaganda dove far loro credere di essere felici all’interno del sistema...

Anonimo ufficiale della NATO

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