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di Tommaso Scandroglio - Prendiamola alla larga. Aleksandr Solgenitsin nel suo Arcipelago Gulag racconta che il potere stalinista chiese ai tecnici quanti passeggeri potevano starci nei vagoni ferroviari delle loro linee. Gli ingegneri fecero i loro calcoli e comunicarono il risultato ai politici che rimasero indignati dallo stesso. I vagoni della grande madre Russia potevano contenere un numero assai maggiore di quello indicato dagli esperti, perché erano i migliori vagoni al mondo. Risultato? Gli ingegneri furono mandati nei gulag a morire. Il succo della storia è questo. L’ideologia fa guerra alla realtà e se questa si ribella ne paga le spese.

Così è oggi per l’ideologia gender, con un avversario che ha preso le sembianze di un infante con il pannolino addosso. La Huggies, leader nei prodotti per l’infanzia, ha girato uno spot dove si fanno vedere un maschietto, vestito d’azzurro, e una femminuccia, vestita di rosa, intenti in varie attività. Lui ad esempio dà un calcio a un pallone e lei bacia una bambola. Una voce fuori campo che così commenta: «Lei penserà a farsi bella, lui a fare goal. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi». Questo per dire che, dato che maschi e femmine sin dalla più tenera età sono diversi, devono essere differenti anche i pannolini, con zone di assorbimento della pipì differenziate per lui e per lei.

La Huggies è stata giudicata sessista perché sostenere che maschi e femmine sono diversi è un trito stereotipo culturale. A monte dell’asserito stereotipo c’è invece la pretesa propria della gender theory di appianare le differenze sessuali, affinché come su un foglio bianco ognuno possa vergare l’appartenenza ad un sesso o all’altro a proprio piacimento. É partita pure una campagna che ha raccolto ad oggi circa 6.400 adesioni al fine di far ritirare dai video lo spot pubblicitario. L’iniziativa è stata rilanciata dai principali media, provocando un clamore assordante, anzi – visto il tema – assorbente. CitizenGo dal canto suo ha lanciato una raccolta firme invece per sostenere l’azienda: 28.500 adesioni che affossano la campagna di boicottaggio a danno della Huggies, nonostante le grandi testate abbiano ignorato l’appello di CitizenGo. Ma non è finita qui. L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha emesso un’ingiunzione contro l’azienda per – è proprio il caso di dirlo – averla fatta fuori dal vaso (ino).

Come gli ingegneri russi finirono sotto processo (sommario) per aver detto semplicemente come stavano le cose. metro alla mano, così quelli della Huggies devono scontare una pena perché hanno meramente fotografato un dato di realtà: maschi e femmine sono diversi non solo dal punto di vista anatomico, ma anche dal punto di vista psicologico, caratteriale, dei gusti e delle inclinazioni. Se non si trattasse di cose serie ci sarebbe – è proprio il caso di dirlo bis – da farsela sotto dal ridere. La guerra al pannolino sessista è ormai dichiarata. Guai al bambino che proverà a farla davanti e alla bambina che la farà al centro. Il paradigma della tabula rasa del sesso – tutti uguali anche nelle mutande – esige minzioni logisticamente egualitarie. Anche l’urina può essere discriminatoria e il pannolino può diventare una clava da usare contro i gay e transgender. L’ideologia gender ha trovato nelle eiezioni orinarie l’ultima frontiera dove imporre il modello unico del pensiero sessualmente corretto. Guardare nei pannolini altrui non è atto di sordido voyeurismo, ma attenta e doverosa militanza contro le spinte conservatrici che vogliono il piccolo lui giocare con i soldatini e la piccola lei con la Barbie.

Da qui una proposta di controffensiva. Inviare all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria una montagna di pannolini. Però si badi bene – e ciò lo diciamo non solo per riguardo ai poveri postini – che siano immacolati, come le anime dei pargoli che qualcuno vorrebbe invece insozzare con i liquami delle teorie del gender.

 

Fonte: La nuova bussola quotidiana

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