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Ragazzi con la schiena dritta, figli di una tradizione che attraversa la storia d'Italia. Sono la leggenda di un popolo e di una Nazione e solo Dio sa se ne abbiamo bisogno, di leggende e di eroi

(Gianni Fraschetti) - Il 23 Ottobre del 1942, nel deserto egiziano, nei pressi del villaggio di El Alamein aveva luogo una delle battaglie che segnarono le sorti della seconda guerra mondiale e il corso della storia successiva. Gli italiani, figli di una generazione eroica e sfortunata, sfatarono in quel deserto la nomea di cattivi combattenti che gli inglesi ancora oggi amano cucirci addosso. A El Alamein non ci furono mandolini del Capitano Corelli... Perdemmo, sì, ma in condizioni proibitive, sotto il profilo quantitativo e qualitativo di mezzi terrestri e aerei e di numero di uomini impiegati. Perdemmo sì, ma ci mancò poco che vincessimo alla faccia di quella mezza sega di Montgomery. Tutti gli italiani, di tutte le unità, si batterono con coraggio disumano, ma alcuni fecero qualcosa in più. E mi riferisco ai carristi dell'Ariete (l'ultimo messaggio radio...«Carri nemici penetrati a sud dell’Ariete. Conseguentemente Ariete circondata. Ariete continua a combattere» la dice lunga su questi uomini) e soprattutto ai paracadutisti della Folgore le cui vicende cessarono in quel deserto di essere storia per divenire leggenda. La leggenda di un popolo intero, che poi, al finale, vigliacco non è...



Dai bollettini avversari:

"LA RESISTENZA OPPOSTA DALLA DIVISIONE PARACADUTISTI FOLGORE E' INVERO MIRABILE"
"I RESTI DELLA DIVISIONE ITALIANA FOLGORE HANNO RESISTITO OLTRE OGNI LIMITE DELLE UMANI POSSIBILITÀ
"

La BBC:

"LA FOLGORE E' CADUTA CON LE ARMI IN PUGNO"

Dei 6450 paracadutisti, alla fine ne restano solo 340, inclusi gli ufficiali, ma nessuno ha alzato una bandiera bianca. Il nemico stupefatto rende l'onore alle armi e anche CHURCHILL non può fare a meno di rendere omaggio:
"DOBBIAMO INCHINARCI DAVANTI AI RESTI DI QUELLI CHE FURONO I LEONI DELLA FOLGORE".
Dopo questa campagna alla Folgore viene conferita la medaglia d'oro al valor militare.

La battaglia di El Alamein rimane uno degli esempi più significativi di coraggio e abnegazione nella storia degli eserciti di tutto il mondo e da quel momento i paracadutisti italiani non poterono più prescindere da essa.

Tempo fa, durante una conferenza all’Accademia militare di Modena dal titolo “Il fattore El Alamein”, un ufficiale dei paracadutisti in congedo, ora professore Filosofia del diritto all’università di Trento, Maurizio Manzin, parlava ai cadetti, futuri comandanti dell’Esercito di quella riserva morale, quella inspiegabile forza interiore, tutt’ora oggetto di studio in molte accademie militari occidentali tra cui West Point, che caratterizzò la Folgore durante quella battaglia, nonostante fosse con l'acqua, i viveri e le munizioni contate; tormentata da caldo, zecche e pidocchi; falcidiata dalla sete, dal tifo, dalla dissenteria, dal nemico e dalla fatica sovrumana di giorni interi senza dormire.

Un DNA forte, il loro. Una razza diversa di soldati. Questo “fattore El Alamein”, come è stato chiamato, ha permeato successivamente il corpo dei paracadutisti, plasmando generazioni di giovani uomini e donne delle più diverse provenienze sociali, geografiche e politiche, fino a fonderli in un'unica comunità di destino. Ovunque la Folgore è stata impiegata il "fattore El Alamein" è sempre ricomparso a distinguere questi straordinari soldati dagli altri, a marcare le differenze e a esaltare il superbo addestramento anche nelle condizioni più critiche. Dal loro comandante di Brigata all'ultimo dei comandanti di squadra il pensiero ricorrente è sempre lo stesso: “sarò all’altezza dei miei uomini?”. La consapevolezza di guidare una delle migliori fanterie leggere del mondo fa sì che anche la catena di comando risenta pesantemente dell'eredità lasciata da decine di ufficiali caduti nel deserto alla testa dei loro uomini.

Senza entrare nel merito della assurdità della missione in sè...(cosa ci facciamo in Afghanistan, infatti, lo sa solo Dio) in Italia si è saputo forse un decimo o anche meno di quel che è realmente avvenuto e che avviene laggiù. E' una guerra dura, spietata, con gli uomini costantemente sotto il fuoco, dove spesso si arriva allo scontro ravvicinato, con arma corta e bombe a mano. I reggimenti paracadutisti sono stati spediti di tutta urgenza quando la situazione era ormai parecchio compromessa. A Bala Murghab i talebani erano a poche centinaia di metri dalla base, con tanto di bandiere con i versetti del corano alzate per sfida e i loro sniper al lavoro, giorno e notte. Così in molte altre FOB, una situazione insostenibile. Bisognava attaccare e riconquistare spazi di sicurezza intorno alle basi e ai villaggi sotto la nostra protezione.

Andare all'assalto...qualcosa che nell'esercito italiano non si faceva più da 70 anni ma che i parà hanno nel loro DNA. "Il fattore El Alamein" che emerge, insieme alla loro superiore capacità tecnico-militare, alla reattività, allo spirito di servizio e di sacrificio e alla selettività ed equilibirio delle risposte alle minacce. Appena arrivati I parà non aspettarono i talebani nei loro fortini. Li andarono subito a cercare, dimostrando subito di non avere paura di un incontro ravvicinato, ma anzi di volerlo provocare.

I paracadutisti, addestrati da sempre a lavorare in piccoli nuclei in aree con presenze altamente ostili, sono stati la risposta migliore alla progressiva sottrazione del territorio da parte degli insorti. Dopo aspri combattimenti i talebani hanno compreso la lezione, che mai dovevano sfidare a confronto guerriero i soldati italiani col basco amaranto. E come in un altro deserto, settanta anni prima, i ragazzi e le ragazze della Folgore, hanno sopportato condizioni oltre i limiti della sopportazione, tra caldo asfissiante a cinquanta gradi, polvere dappertutto, turni di pattuglia 24 ore al giorno, strade costellate di ordigni improvvisati e la minaccia continua di attacchi improvvisi. All’arrivo di una colonna di rinforzo per le elezioni, dopo tre giorni di viaggio con attacchi e imboscate, prima di ogni altra cosa i paracadutisti del 186mo reggimento, di rinforzo al 183mo, hanno issato le bandiere delle compagnie. Hanno issato le bandiere..come i legionari romani facevano con le loro aquile.

Comportamenti che indicano uno spirito di corpo che di va oltre e diviene il carburante per risultati altrimenti impossibili. Stanchi, impolverati e bersagliati da un sole impietoso, erano un'unica squadra. Il "fattore El Alamein" mostrava un altro dei suoi corollari: più le condizioni operative sono difficili e meglio viene fuori il lungo e selettivo addestramento e l'incredibile spirito che anima questi soldati. E serve ancora una volta "il fattore El Alamein" per spiegare il comportamento di quei feriti che, come i loro bisnonni 70 anni fa, rifiutano di rientrare in patria per una comoda convalescenza. “...Qui ci sono i miei fratelli. Non posso lasciarli soli”. Già , semplice a dirlo, ma rinunciare a un rientro a casa dopo mesi in quelle condizioni, non è facile. E che dire di quei feriti più gravi, che sulla rampa del C130j che li ha riportati in patria, chiedevano di rientrare in Afganistan?

Ricordate tutti l’urlo “FOLGORE” del guastatore paracadutista con problemi alla colonna vertebrale, dopo essere saltato su un ordigno a Farah, sede di un altro fortino sotto tiro. Ha salutato così il picchetto dei colleghi a Ciampino. Una ragazza, una capo squadra mortai del 183mo reggimento, atletica e sorridente, mi ha detto :“non vado in licenza proprio adesso che c’è tanto lavoro”. Si riferiva agli attacchi notturni che richiedevano uno sforzo aggiuntivo. Il suo plotone si era distinto per i centri al primo e secondo colpo sui bersagli indicati dai colleghi del 185° Reggimento acquisizione obiettivi . I paracadutisti del suo plotone non hanno voluto scattare la foto di gruppo senza di lei. Segno che si era guadagnata il loro rispetto non solo formale. Altro ingrediente del fattore El Alamein:una regola non scritta dice che i paracadutisti “stimano” il grado se è portato da chi se lo guadagna sul campo. In cuor loro "eleggono" i loro comandanti e chiedono l’esempio da loro. Gli ufficiali e sottufficiali educano i loro uomini. Gli uomini educano i loro ufficiali e sottufficiali. Regola non scritta. Come quella che dall'aereo ci si lancia in ordine decrescente di grado...Un'altra Italia rispetto a quella che conosciamo..

 

Fonte: questo articolo è stato tratto e da me rielaborato da un pezzo di Walter Amatobene pubblicato su Congedati Folgore

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