(Gabriele Adinolfi) - Ora è quasi una certezza: l'airbus dell'Egypt Air partito da Parigi e precipitato al largo della Grecia è stato vittima di un attentato, esplosivo piazzato a bordo, dicono gli americani.
Avevo pensato immediatamente a qualcosa di simile perché il simbolo è troppo chiaro: si colpiscono Francia ed Egitto insieme. Si sappia che francesi ed egiziani hanno stretto accordi commerciali ed energetici importanti di recente, grazie anche al nostro atteggiamento suicida all'indomani dell'omicidio Regeni, quando abbiamo fatto saltare accordi strategici già presi e per noi preziosi, favorendo i cugini d'oltralpe. Al punto che più di un osservatore ha ipotizzato una mano francese, quanto meno come mandante, nell'assassinio del ragazzo.
Una mano inglese
Non mi azzardo a ipotizzare che l'attentato di oggi, se di attentato si è veramente trattato, sia un atto di ritorsione ad opera dei nostri servizi, ci vedo piuttosto una mano inglese.
Si è detto e ripetuto che Regeni fosse legato all'influenza britannica, al punto da ipotizzare che sia stato un agente londinese. Probabilmente le cose non stanno così e il giovanotto in Egitto ha soltanto frequentato con troppa leggerezza gli ambienti dal “volto umano” strettamente legati ai licenza d'uccidere d'oltremanica. Fratelli Musulmani e altre fazioni dell'opposizione egiziana che, come fu il caso in Libia, in Iraq, in Siria, passano per libertarie ma sono il peggio del peggio.
Orbene: gli inglesi devono spalleggiare a tutti costi il proprio partito locale di tagliagole e va ricordato che sono in corsa con noi e con i francesi per le relazioni commerciali ed energetiche con il Cairo che continuano a rifiutare di non poter più considerare come un loro possedimento.
Il fatto che un ragazzo italiano, classificato ovunque in quota britannica, sia stato sacrificato nella contesa. se da parte francese si può riassumere nel classico “due piccioni con una fava”, da quella inglese rappresenta un'ottima opportunità perché siamo noi a finire sotto i riflettori e a dover fare fracasso mentre loro colpiscono.
Cialtroni noi
E qui entriamo in gioco noi italiani, come governo, stampa e associazioni.
Abbiamo armato un vero e proprio casino mediatico dando per scontate la colpa del regime egiziano e dipingendolo come la peggiore delle dittature. La nostra stampa ha gridato allo scandalo per le condanne a cinque anni pronunciate a causa dei disordini in piazza al Cairo, dimenticandosi che meno di un giorno prima per la stessa imputazione, a Roma, di anni ne venivano comminati nove.
Va da sé che il regime egiziano è autoritario, ma l'esperienza insegna che tutte le volte che abbiamo demonizzato un regime autoritario si è aperta la strada alle bande, allo jihadismo, alla guerra civile, ai genocidi religiosi, alle tragedie umanitarie e alle migrazioni di massa. Insomma sarebbe ora di smetterla.
È anche vero che il Cairo sul caso-Regeni non è trasparente ma solo perché non può esserlo, come non possiamo esserlo noi, né gli inglesi, né i francesi, né gli israeliani né chiunque altro. Le guerre sporche le combattono tutti così e nessuno può rivelare la verità, né la sua né quella altrui, tanto che, quando vogliono farlo, i servizi di ogni Stato parlano per simboli.
L'humus ignaro e stupido del terrore
Il fracasso anti-egiziano non è servito ad altro che a creare l'humus perché maturasse un attentato e per togliere al governo egiziano la credibilità internazionale necessaria a rispondere adeguatamente a un atto di guerra che verosimilmente gli viene da uno Stato democratico ed occidentale. I comitati “Verità per Giulio” et similia, sono serviti solo a questo, a questo e a favorire nelle trattative egiziane i nostri alleati, francesi e inglesi, a scapito nostro.
Poveri, utili idioti che credono nella più banale delle retoriche democratiche e si fanno menare per il naso dai burattinai! Una tecnica collaudatissima che però trova sempre dei narcisisti pronti ad abboccare.
Un tempo si faceva leva sul dolore. Fu così che i vari comitati di familiari delle vittime vennero regolarmente usati per condurre le indagini su un binario morto proprio da coloro che dovevano coprire gli stragisti e che li mandavano avanti per depistare, a comando del domatore. Per il caso-Regeni adesso si sono usati gli indignados di casa nostra. Il risultato è esattamente lo stesso, anzi peggiore perché la strage, semmai, è venuta dopo.
Ma a che servirà spiegarglielo? Non lo capiranno, quando ci arrivano...