
( Francesco Latiano ) - In Italia parlare apertamente dell’Unione Europea e dei suoi più che evidenti difetti è sempre stato molto difficile. Infatti con un’opinione pubblica cloroformizzata da talk show accattoni, opinionisti asserviti e una lenta ma inesorabile propaganda europeista di contorno i semicolti sono quasi riusciti a far passare l’idea che l’UE sia un qualcosa di irrinunciabile, l’argine che separa il mondo civile da quello selvaggio e sostanzialmente indiscutibile anche a livello concettuale.
Tutto ciò ha favorito la nascita di un nuovo tipo umano, l’euro-integralista, che sostanzialmente difende l’Unione Europea quasi come se fosse un dogma, indicando come eretici tutti coloro che stanno al di fuori del recinto da lui prestabilito.
I recenti avvenimenti hanno però cambiato le carte in tavola: il Brexit ha infatti fatto traballare questa realtà di plastica, in cui il sogno europeista veniva pressoché presentato come la panacea di ogni male
del mondo. La reazione dei semicolti infatti è stata scomposta, irrazionale se vogliamo dirla tutta. Messi di fronte alla realtà dei fatti, più che difendere il loro castello in fiamme hanno pensato di denigrare
chi in quel castello non voleva più starci. Da qui l’incredibile offensiva contro il Regno Unito, reo di aver abbandonato il recinto della pax europea.
Sì, lo stesso Regno Unito fino a pochi giorni fa esaltato dai semicolti, perché meta di gloriosi Erasmus culturali e baluardo del multiculturalismo, contrapposto al lassismo del Sud Europa “becero e retrogrado”. Dalle risatine di scherno verso i PIIGS si è passati alla sostanziale lapidazione di uno dei paesi più amati dal semicoltume nostrano con un’incredibile rapidità.
Non parliamo poi del dietrofront clamoroso sulla democrazia e sul suffragio universale. Sembra incredibile ma è così: gli stessi che si sono sempre presentati come i difensori della democrazia, della Costituzione, della libertà di scelta oggi paradossalmente sono diventati dei fervidi sostenitori di un’aristocrazia feroce, in cui in teoria dovrebbe essere tolto il diritto di voto a chiunque non la pensi come loro.
Da qui anche le dure prese di posizione contro gli “anziani che rubano il futuro ai giovani con il loro egoismo” e in generale contro tutti coloro anche vagamente sospettati di aver contribuito alla distruzione del glorioso sogno europeo. Arrivando poi ad un concetto fondamentale. Tutto questo astio verso le fasce più deboli della società, verso i poveri, verso i lavoratori e verso tutti coloro che possono rappresentare un sassolino nella scarpa della grande Madre UE è sintomo solo di un cosa: la sostanziale spaccatura tra le classi meno abbienti che hanno subito tutti i danni della degenerata politica europea e quelle più benestanti, che invece puntano alla sterile conservazione dello status quo solo perché in questo sistema hanno fatto la propria fortuna.
La spaccatura non è quindi tra destra e sinistra, ma tra i cosiddetti “perdenti” della globalizzazione e le fasce più benestanti e al contempo parassitarie che questo tipo di sistema ha contribuito a creare. Tutto ciò rende quindi l’opposizione all’Ue de facto una lotta assolutamente trasversale e condivisibile anche da persone d’estrazione politica diversa. Che dire, all’appello manca soltanto un bel “gombloddo anti-ue“, magari orchestrato da Putin, partorito direttamente dalla fervida immaginazione di qualche eurofilo fanatico. Probabilmente è solo questione di tempo però, viste le ultime vicissitudini non è poi così tanto improbabile che qualche semicolto arrabbiato possa venir fuori con una nuova strampalata teoria, pur di non ammettere i propri errori.
Fonte: Azione culturale