(Informare) - Mentre i media di tutto il mondo, su imbeccata del Wall Street Journal, denunciano la presenza di 50mila militari russi ai confini con l’Ucraina orientale (ieri secondo i soldati ucraini sarebbero stati 100mila, ma Mosca ha negato tutto), la partita determinante nel paese pare essere tornata a disputarsi a Kiev.
Da giovedì notte infatti, migliaia di persone in tenuta paramilitare, presidiano il Parlamento di Kiev. Sono i militanti di Pravy Sektor, la sigla che nei giorni che hanno visto le proteste a Kiev, ha raccolto molti gruppi social nazionali del paese. Questi militanti hanno combattuto in piazza, hanno tenuto militarmente alcune strade fondamentali per l’esito dello scontro, hanno determinato la vittoria contro i Berkut, la polizia antisommossa dell’ex presidente Yanukovich. Hanno dato una spinta determinante al banchiere Yatseniuk e compagnia, ovvero i "moderati" che una volta ottenuta la vittoria militare, si sono autoproclamati governo del paese. Quelli di Pravy Sektor ora si sentono traditi. Per due motivi: in primo luogo perché uno dei loro uomini alcuni giorni fa è stato ucciso.
Uno scontro a fuoco, mentre fuggiva all’arresto, ha detto il ministro dell’interno ucraino. Un’imboscata, un omicidio, una resa dei conti, secondo Settore Destro. Si tratta in ogni caso di un incidente che ha solo velocizzato la fine dell’alleanza nata nei giorni della rivolta. I ragazzi di Pravy Sektor infatti contestano la perdita della Crimea all’attuale governo e denunciano la rivoluzione tradita. Una rivoluzione sicuramente anti russa, ma non filo europea (alla faccia dell’europeismo di Majdan esaltato dai media nostrani), la destra nazionalista ucraina sta leggendo gli atti del nuovo governo come un tradimento: loro hanno messo gli uomini, loro sono i caduti e ora si ritrovano sotto al giogo della Ue e delle politiche «lacrime e sangue» del Fmi.
Così presidiano il Parlamento per chiedere le dimissioni del ministro dell’interno e per fare capire che possono ancora essere determinanti. Majdan oggi, dunque, è divisa: gli uomini del Fondo monetario in parlamento, e i rivoluzionari in piazza. E il rischio è che ci rimangano, con la forza d'urto che i ministri e il premier conoscono bene. Un parlamentare indipendente ha chiesto una esplicita procedura di dimissioni per il ministro dell’interno che al momento non sembra poter passare, anzi. Il presidente della Rada ha specificato che i «gruppi armati, sono illegali». Anche perché i diktat dei nuovi padroni del paese, i tecnici e teorici neoliberisti del Fondo monetario, hanno chiesto immediatezza di azione. Insomma la solita storia. E ieri il governo ha obbedito: con 246 voti a favore è passato il piano anti crisi per evitare la catastrofe finanziaria, assicurandosi il maxi prestito del Fondo monetario internazionale (dai 14 ai 18 miliardi di dollari). Il pacchetto messo a punto dall’esecutivo prevede, tra l’altro, l’aumento delle tasse, delle accise, delle bollette del gas (pare fino all’80 percento in quattro anni), il congelamento del salario minimo e del livello minimo di sussistenza, la riduzione del 10 percento dei dipendenti pubblici in servizio: è l’austerity made in Majdan, ma come reagirà Majdan ?