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Girovagando su Facebook ho trovato questa lettera aperta scritta da una mia amica. E' indirizzata alla Ministra per l'integrazione  Cecile Kyenge e riassume in poche righe lo sconcerto di non pochi italiani per questa nomina quantomeno parecchio azzardata. Pur senza  alzare i toni Lorella rivendica con educazione la sua italianita' ed il fatto che solo lo "ius sanguinis" riconduce al significato onomatologico della parola Patria. La terra dei padri. Ora, appare evidente a tutti che la terra dei padri della Signora Ministra e' altrove, non certo qui. Dunque, mentre da una parte siamo tutti assolutamente convinti che ogni Nazione debba dare il massimo possibile  nel perseguire una politica dell'accoglienza generosa verso migranti che fuggono da carestie, guerre e persecuzioni, siamo altrettanto convinti che cio' debba essere fatto tenendo ben presenti le risorse che abbiamo a disposizione  e le necessita' inderogabili di milioni di famiglie italiane che versano nella piu' totale indigenza. E' bene che si sappia a tale riguardo che molti denari stanziati per le casse integrazioni sono stati consumati per  rimpinguare i fondi a disposizione per assistere i migranti. Cosi' non va bene, non va bene per niente perche' non risolviamo un problema, quello dell' emigrazione di questi infelici ma in compenso ne creiamo un altro, drammatico. Nuova e disperata poverta' a casa nostra. Le parole di Lorella alla Ministra sono pertanto le parole di una donna che vede avanti nel futuro del suo paese e rimane scioccata da quanto si prefigura. Parole che vanno lette e meditate con serenita' e giusta predisposizione d'animo.

 

Gianni Fraschetti

 

 

Gentile signora Kyenge,

mi scuso, ma non riesco a chiamarla Ministro, non per razzismo come molti possano essere indotti a pensare, ma per criterio.

Non posso chiamare Ministro chi si dichiara a metà tra il mio paese ed un altro, mentre ha giurato fedeltà alla mia Costituzione.

Non accetto che lei parli a nome mio e dei miei concittadini definendoci "meticci". Io sono da generazioni italiana, nel mio albero genealogico ci sono persone che hanno dato la vita per questo paese, ho una cultura, la mia, quella del mio popolo, che amo e che non voglio cambiare con nessun altra. 

Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini.

Io e il mio paese siamo tutt'uno. Lei ben sapendo di non appartenere completamente a questo paese ha espresso un giuramento sulla mia Carta , offendendola, perché lei stessa ha dichiarato di non sentirsi completamente italiana.

Non avrebbe dovuto farlo gentile signora Kyenge, solo per rispetto verso la mia gente che ha sempre accolto tutti con amore e solidarietà. Oggi lei forte dei poteri che le sono stati dati, e non dal popolo italiano, tuona possentemente che serve una nuova legge in materia di immigrazione; imperativamente lei afferma che serve il riconoscimento dello ius soli... ma forse le è sconosciuta quella parte del diritto millenario, conquistato con il sacrificio di molte vite umane, per cui non è sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza. 

Lei pretende diritti, senza offrire solidarietà, senza obblighi, anzi lei pretende che quel principio giuridico che dice "ove vi è un diritto vi è sempre un obbligo" di colpo venga smembrato dotando una parte di soli diritti ed un'altra di soli obblighi.

Io non ci sto signora Kyenge. Lei non mi rappresenta e non mi rappresenterà mai. Io non l'ho votata signora Kyenge; io amo la mia cultura, le mie tradizioni e non mi interessa che vengano integrate da altre, posso accettare di conoscerle, apprezzarle e rispettarle, ma pretendo la stessa contropartita. 

Non si rispetta un popolo imponendogli un'invasione indiscriminata; non si può chiamare etica una sbilanciamento a favore di una singola parte.

Ci pensi signora Kyenge, le sue dichiarazioni hanno gettato un'ombra sulla storia di questo paese, lei non potrà essere di aiuto per gli italiani, tanto meno per gli immigrati.

 

Lorella Presotto

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