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E’ più o meno nota la “dichiarazione” di Marco Rizzo, segretario del Csp-Partito comunista, per il quale: “L’Italia non è più una Repubblica fondata sul lavoro: ringraziamo Monti, Napolitano e i padroni dell’Unione europea con lo sciopero generale prolungato”.
Secondo Rizzo, ex parlamentare del Pdci di Diliberto (ora oggetto di sue forti critiche), “Siamo arrivati alla fine del capitolo. In Italia le conquiste sociali dell’intero secolo scorso sono completamente azzerate. Mancava l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ora grazie al governo Monti, al Presidente Napolitano e ai padroni dell’Unione Europea non ci sarà più nulla. Raccontano di nuovi diritti inesistenti per le nuove generazioni. Pensano che il popolo italiano sia così rincitrullito da non capire che se prima si licenziava (e tanto, 53mila lavoratori nella sola Lombardia nel 2011), adesso, con la possibilità di dare una miseria di indennizzo invece del reintegro, lo si farà ancora di più.
Serve lo sciopero generale prolungato, una mobilitazione di massa che blocchi il Paese. La posta è altissima. Lo spettro dell’inconsistenza del sindacato concertativo assume le sembianze di una Camusso che si appoggia ad un sciopero in cui non crede, perché ha costruito il suo futuro altrove ed è lì che aspetta un rametto cui aggrapparsi . Non certo l’inconsistenza della miseria politica di certi finto-comunisti che prima usano persone con magliette “eclatanti” per farsi notare e poi si “scaricano” dalle responsabilità, “non si sa mai che un seggio, frutto di un accordo col Pd, possa ancora arrivare…”.
Così Rizzo. Che, di fatto, riprende la nostra tesi originaria: sciopero generale ad oltranza, “soreliano”, “sindacalista rivoluzionario”. Se sarà mai possibile in un’Italia piegata, suddita e teledipendente.
Intanto noi stiamo anche cercando di capire cosa impedirà a una azienda di licenziare un cinquantenne “per motivi economici” e mettere al suo posto un “apprendista” di trent’anni che gli costa la metà. Grato a chiunque possa dare una risposta.

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