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 LA STORIA CHE MI SAREBBE PIACIUTO STUDIARE

 

di Gianni Fraschetti -

 

caput mundi 1Spero che mi consentirete per una volta di fare pubblicita' ad un mio libro e che mi scuserete ma Caput Mundi e' qualcosa di molto speciale, una idea che ho maturato per molto tempo  prima di scriverlo e quando cio' e' avvenuto sono state le pagine piu' veloci che abbia mai scritto. E' andato giu' di getto, 550 pagine, senza un intoppo narrativo, come se fosse gia' stampato a lettere di fuoco dentro il mio cervello. Intanto che cerco un editore che abbia il coraggio o se mi consentite le palle, per pubblicarlo ho deciso di uscire con l' edizione in e-book e di sottoporlo al giudizio dei lettori. Ho bisogno di sapere come viene recepito e valutato anche perche' sto scrivendo il secondo volume della trilogia ed e' importante per me capire il corretto angolo di approccio.

Qui di seguito troverete la mia prefazione introduttiva, che non e' andata nella edizione e-book. Credo che vi siano riflessioni interessanti e che potranno stimolare la necessaria curiosita' ad acquistare e leggere il libro. Per farlo non dovrete fare altro che battere Caput Mundi Gianni Fraschetti di Google e dopo non avrete che l' imbarazzo della scelta per trovare la libreria informatica che lo vende. E' stato distribuito molto bene dal mio editore che e' bravo ma ...ahime'...non stampa.

Auguro a tutti buona lettura, sia delle righe che seguono, sia del libro se deciderete di acquistarlo.

 

Questo romanzo si colloca a meta’ strada tra una ucronia e la fantasy pura. Non e’ ucronico poiche’ non si avvale di uno specifico punto di divergenza per creare una storia alternativa e non e’ fantasy perche’ tratta di personaggi realmente vissuti. E’ un tentativo di dare vita e forma ad una lettura di eventi realmente accaduti meno convenzionale e conforme a quanto ci racconta la storiografia ufficiale. Tranne il meccanismo che viene utilizzato per trasferire nel tempo Ferrari ed i suoi uomini che si basa comunque su una possibile futura evoluzione di studi sull’ argomento,  tutte le armi, le tecnologie ed i mezzi utilizzati e descritti nel libro dalle parti in conflitto, sono reali, esistenti e purtroppo per  l’ umanita’, perfettamente funzionanti.

Scopo del romanzo non e’, ovviamente, dimostrare che se un simile evento si verificasse i viaggiatori avrebbero buon gioco a dominare i campi di battaglia della II GM, molto probabilmente il solo Cavour ed una Squadriglia di F35 sarebbero sufficienti a vincere quella guerra e non ci vuole molta fantasia a capirlo, ma e’ quello di dare una lettura di quel conflitto che cerchi di mettere a fuoco la complessita’ della storia nel suo insieme, quanto episodi apparentemente lontani nel tempo possano avere influito sulla nostra vita odierna e lanciare, in modo atipico, un grido di allarme su quello che potrebbe essere il futuro del pianeta e della nostra razza.

Questo romanzo ha la pretesa di trattare la condizione umana nella sua globalita’ e non intende rappresentare una acritica difesa a posteriori di una delle parti in causa. Ferrari ed i suoi uomini tentano di operare, mio tramite, le scelte moralmente ed eticamente giuste nella difficile situazione che si trovano ad affrontare. Si schierano a difesa del proprio paese pur criticando aspramente quanto ritengono profondamente ingiusto e non si limitano ad accettare passivamente l’ esistente ma si battono, realmente, per dare vita ad un nuovo mondo e vera dignita’ al singolo essere umano.

Talune figure storiche risultano assai diverse da come sono state descritte nelle biografie ufficiali ma non vi sono state forzature in tal senso. Mi sono limitato ad attingere a fonti di pubblico dominio ma di scarsa pubblicizzazione per fornire contorni meglio definiti e reali contenuti a personaggi che tanto hanno pesato nella vita di tutti.

Se vi e’ un ampio uso della fantasia nello sviluppare la complessa dinamica del romanzo, che non viene comunque mai spinta ai confini della realta’            nell’ ipotizzare quanto sarebbe potuto accadere, non ho utilizzato licenze letterarie o ipotesi puramente astratte ma solo fatti, appurati e documentati, per quanto riguarda i numerosi riferimenti storici.

Ad esempio, il Primo Ministro polacco Beck fu realmente istigato a non accettare una soluzione di compromesso per risolvere la questione del corridoio di Danzica e fu successivamente spinto a respingere l’ ultimatum tedesco. Dopo di cio’ la Polonia fu completamente abbandonata e quando venne invasa non ricevette alcun tipo di aiuto, sotto nessuna forma. I polacchi furono traditi e successivamente abbandonati dagli angloamericani nelle calde braccia di Stalin ed oltre cinquanta anni di schiavitu’ furono la ricompensa per avere creduto alle parole di Roosevelt ed essersi battuti per cinque lunghi anni. Non furono lasciati soli pero’, altre decine di milioni di europei pagarono con                     l’ asservimento all URSS il debito contratto dagli angloamericani e questo la dice gia’ lunga sul reale significato della “crociata per la liberta’” intrapresa da questi ultimi.

La vicenda della bomba atomica e’ fin troppo nota per parlarne, salvo sottolineare che se pure accettassimo come moralmente giustificabile               l’ utilizzo di un’ arma nucleare per porre termine al conflitto ed evitare una sanguinosa invasione delle isole del Giappone, ne venne poi lanciata una seconda, il giorno dopo, senza nemmeno dare ai giapponesi, dopo la prima, il tempo materiale di arrendersi. Il che pone parecchi dubbi su quali fossero le  finalita’ occulte di quei bombardamenti.

Sicuramente un palese e totale disprezzo per le vite umane delle popolazioni civili da parte dei vincitori rappresenta un elemento costante nelle loro azioni. Atomiche a parte,  il moral bombing fu la chiara ed evidente espressione di una filosofia che intendeva levarsi fisicamente di torno la Germania per almeno un secolo e di un disegno politico di totale assoggettamento economico che ci avrebbe poi condotto nella situazione odierna. Hitler fu per loro una vera manna dal cielo, alcuni sostengono che fu finanziato e sostenuto dai Rotschild, io non so se sia vero, e’ certo che alla fine, a conti fatti, fu assolutamente congeniale ai progetti di distruzione e di dominio americani. Il piano Morghentau fu realmente concepito e parzialmente applicato, provocando la morte, per fame, di centinaia di migliaia di cittadini tedeschi. Fu sospeso per pura convenienza, quando le mutate condizioni politiche in Europa consigliarono un atteggiamento diverso e molto piu’ prudente nei confronti della Germania. Il ponte aereo per rifornire Berlino e la visita di Kennedy con il suo famoso discorso non furono altro che il tentativo di arruffianarsi un popolo che tornava in prima linea contro le orde provenienti da Est. Nulla era poi cosi’ cambiato sotto il cielo,  tranne un piu’ sofisticato modo di ucciderci.

Le espulsioni di massa trovarono sistematica applicazione proprio alla fine di quel conflitto, per divenire poi la famigerata “pulizia etnica” protagonista degli anni a venire. Territori tedeschi ed italiani vennero bonificati dalle popolazioni residenti e ripopolati di nuova linfa,  con una interminabile sequela di flussi migratori incrociati tra chi riusciva a salvare la vita ed a fuggire via e chi arrivava, prendendo possesso delle case e dei beni dei vinti.

Sul Baltico, in Alsazia, nei Sudeti avvennero vere ecatombi, sistematicamente taciute, durante l’ attuazione di questi progetti e di proporzioni tali da indurre  Konrad Adenauer, primo Cancelliere tedesco del dopoguerra e fin troppo amico delle potenze vincitrici per poter essere sospettato di avere esagerato, ad affermare che in quella fase  “ sono morti, spacciati, sei milioni di tedeschi “. La triste vicenda degli istriani e dei dalmati e’ qui a ricordare cio’ che avvenne da noi e si preferi’ passare sotto silenzio e dimenticare, presi come eravamo dalla ricerca dei nuovi equilibri sui quali avrebbe poggiato la nuova Italia.

Dei vinti tutti hanno detto di tutto. Fatti e misfatti,  verita’ e menzogne, delitti ripugnanti contro i singoli, contro intere etnie e contro l’ umanita’ in generale ed atroci colpe costruite in laboratorio per aggiungere orrore all’ orrore, se mai ce ne fosse stato bisogno. I vinti non hanno segreti, dei vincitori invece  si sa molto poco. Non esiste una storia dei vincitori, legata da un filo logico che assembli in maniera coerente ed obiettiva gli eventi fornendo un quadro realistico di quanto realmente avvenne e soprattutto del perche’ avvenne.

Esiste solo una versione ufficiale della storia, la “ crociata per la liberta’ “ appunto, centrata su punti di forza consolidati nel tempo e dati per definitivamente acquisiti, dove il bene ed il male sono nettamente divisi e dove i buoni sono moralmente legittimati ad utilizzare ogni mezzo, senza limite alcuno, fino allo steminio, per prevalere sui cattivi. Una morale a senso unico ed una sistematica applicazione del metodo dei due pesi e delle due misure che ha minimizzato ed ampiamente giustificato il possibile e l’ impossibile, Hiroshima, Nagasaki, Amburgo, Stoccarda, Colonia, Dresda e tutte le numerose ecatombi che hanno scandito ed accompagnato la marcia trionfale della liberta’, in Europa ed in Asia.

Tale versione ufficiale ha assunto da subito i connotati del dogma e come tale inconfutabile senza cadere nell’ eresia, ovvero non puo’ essere messa minimamente in discussione senza incorrere nel trattamento riservato agli eretici.

Spero vivamente che un romanzo di fantasia posse passare tra le maglie di questo tipo di censura che, francamente, a distanza di quasi settanta anni dagli eventi, appare ormai assolutamente anacronistica ma il libro tratta anche di altro e se la guerra e’ lontana da noi settanta anni, le elite che dominano i destini del mondo sono invece e purtroppo di stretta attualita’.

L’ Ingegner Icke non e’ un personaggio di fantasia. Esiste ed opera esattamente con le stravaganti modalita’ descritte nel libro. E’ in possesso di una tale mole di informazioni che non possono che provenire dalla fonte stessa e rivelandole le discredita e le rende spazzatura mischiandole a sue personali teorie su rettili provenienti da un’ altra dimensione. Icke non e’ un povero pazzo, riceve cospicui finanziamenti per portare avanti questo tipo di lavoro e vive una vita serena e priva di preoccupazioni economiche ed anche di altra natura, il che risulta abbastanza singolare per un personaggio che ha rivelato episodi e trame sconcertanti, che riguardano parecchia gente, arrivando a coinvolgere Presidenti degli Stati Uniti, Segretari di Stato e Consiglieri per la sicurezza nazionale, compreso quell’ Henry Kissinger al quale, tra le tante cose, addebita anche il ruolo di mandante nella uccisione di Aldo Moro, fornendo riferimenti puntuali, compresa la deposizione di Corrado Guerzoni, segretario particolare del politico assassinato, alle autorita’ competenti.

Eppure Icke, ben lungi dall’ essere un animale braccato dai servizi segreti di mezzo mondo come sarebbe logico ipotizzare, riesce a sparare a pallettoni su tutto e tutti, producendo una mole di libri impressionante, a ricevere finanziamenti per questo ed a vivere una vita spensierata, senza che nessuno gli chieda il benche’ minimo conto delle sue affermazioni. Julian Assange, per il quale non nutro alcuna simpatia, sta passando guai parecchio seri per molto ma proprio molto meno.

Vi e’ poi la questione ambientale, il problema di un pianeta che l’ uomo sta conducendo alla dissoluzione, violando sistematicamente ogni legge che regola la vita in tutte le sue forme. Anche in questo caso i riferimenti del romanzo sono assolutamente reali e comprovabili e molto probabilmente le cose stanno addirittura peggio. Il Presidente si limita a tirare le somme di cio’ che tutti sanno negli ambienti che contano e decidono ma che nessuno, anche gli ecologisti piu’ impegnati, dice in maniera organica e comprensibile. La domanda e’, che fine faremo ? La risposta e’ purtroppo il motivo che offre lo spunto per avviare la nostra vicenda.

Resta la figura di Mussolini, al quale il romanzo offre un postumo palcoscenico per cercare di spiegarsi e farci finalmente comprendere cosa realmente volesse fare con la rivoluzione fascista. Mussolini parla molto in questo libro, spiega, si arrampica sugli specchi per giustificare l’ ingiustificabile, enuncia cio’ che fece e cio’ che non riusci’ a fare, quella che poi fu la realta’ e quelli che furono i suoi desideri e tali rimasero.

Non ho inventato nulla, mi sono limitato a leggere, criticamente e con attenzione quanto e’ disponibile su di lui e vi assicuro che non e’ poco quel che si trova.

In taluni passaggi mi sono limitato a copiare pedissequamente quanto aveva detto o scritto, in altri ho tentato di esplicitare un suo pensiero che appariva trasparente, in nessun caso, mai, ho sovrapposto il mio pensiero e le mie convinzioni alle sue. Fu certamente un personaggio complesso sul quale la storia ha probabilmente sospeso il giudizio, che non e’  certamente inappellabile, senza se e senza ma, come la storiografia italiana pretenderebbe e tenta di accreditare dalla fine della guerra. Parafrasando, e’ stato frettolosamente giudicato e condannato in primo grado ma vi sono buoni motivi per ritenere che il processo di appello riservera’ molte sorprese e che il definitivo giudizio di Cassazione consegnera’ definitivamente alla storia un Mussolini ben diverso da quello che e’ stato raccontato fino ad ora.

Commise molti errori, fu sicuramente vittima del personaggio che interpreto’ e fu il piu’ italiano tra gli italiani nei suoi evidenti difetti. Retorica, pressapochismo, approssimazione, una costante idea da monarca supportata da una povera borsa da frate cappuccino.

Fu comunque  abile giocatore al tavolo verde del destino, per molti anni incanto’ il mondo intero con i suoi bluffes e se lo paragoniamo con la compagnia di guitti che da settanta anni calca il proscenio della politica italiana, non ho timore ad affermare che fu un gigante con molte luci ma, ahime’, anche con troppe ombre che inevitabilmente decretarono la sua fine. Qualcuno si chiedera’ allora per quale motivo diviene nel romanzo un protagonista positivo, la risposta e’ semplice e la dico senza troppi giri di parole. Sono convinto che Mussolini, nella sua sgangherata italianita’, amo’ profondamente il suo paese e cerco’ sempre e comunque di operare per il bene del popolo italiano. Non ci riusci’, lo porto’ invece al disastro e fini’ appeso per i piedi ma non credo che si possa andare orgogliosi di questo. Espio’ con la sua morte i difetti congeniti degli italiani che sono ancora tutti li’, in bella mostra, e certamente pago’ colpe che non furono esclusivamente sue.

Pago’ le colpe di una casta politica, militare, economica ed intellettuale che prima lo aveva osannato e poi ne aveva fatto il capro espiatorio, spingendolo verso il baratro e pago’ quelle di un  popolo intero, congenitamente vigliacco ed incapace di affrontare con dignita’ la sconfitta in una guerra alla quale era stato costretto dagli eventi.

In questo libro ho voluto esplorare cosa sarebbe potuto avvenire se,            nell’ ambito di un conflitto che aveva schieramenti obbligati, con buona pace dei fautori di una impossibile neutralita’ o di un nostro impegno a fianco degli Alleati, Mussolini avesse potuto realmente condurre quella guerra autonoma che desiderava, supportato in cio’ da uno Stato Maggiore degno di questo nome.

Che la guerra non si potesse vincere e’ comunque una leggenda metropolitana che ha preso piede e si e’ radicata dopo la sconfitta, per giustificare fin troppi comportamenti disinvolti da parte di personaggi che avevano ben altri doveri da assolvere che liberare l’ Italia dal Fascismo.

A posteriori, col cadavere del nominato tiranno ancora caldo che turbava il riposo di molte persone, si e’ celebrato pertanto un rito di autoassoluzione collettiva, un tana libera tutti come a moscacieca, che ha trovato la sua fonte di ispirazione e legittimita’ nella supposta, conclamata impossibilita’ di vincere quella guerra, che in troppi, invece, avevano scientemente voluto perdere e che a tale scopo si vendettero l’ anima.

Questi malati di interessata anglofilia hanno evidentemente e furbescamente dimenticato, nel momento in cui fecero quanto fecero, il principio cardine del popolo britannico da loro tanto amato. Giusto o sbagliato e’ il mio paese. Per gli anglosassoni rappresenta un limite invalicabile per i popoli latini e per noi in particolare un confine morale incerto e labile. Un punto di vista direbbe qualche moderno acculturato.

La memoria collettiva non e’ purtroppo la somma delle singole memorie individuali che vengono fuse per definire una storia condivisa ma e’ l’ immagine di se stesso che un paese decide di darsi e molti storici alla fine non sono altro che una sorta di addetti stampa al servizio di tale progetto che vedeva quale prima ed inderogabile esigenza quella di rendere vera ed assolutamente credibile la panzana della nostra incapacita’ a far la guerra. Il soldato italiano, quello stesso soldato che aveva versato valorosamente il proprio sangue dal Corno d’ Africa ai deserti nord africani, dai Balcani alle steppe russe, divenne cosi’ quel pittoresco personaggio, mammone e pavido, vigliacco, cialtrone ed infingardo  talvolta ai limiti del grottesco, cosi’ ben rappresentato da Alberto Sordi in tanti suoi film magistrali nella loro spietata crudelta’ verso noi stessi.

Si sono frettolosamente trasferiti nel dimenticatoio anni di sacrifici sanguinosi di milioni di uomini per andare a ricercare e molte volte ad inventare di sanapianta una storia alternativa che potesse giustificare quanto di osceno accadde durante quella guerra. Ne abbiamo lette di tutti i colori, dal fenomeno partigiano in Sardegna e Basilicata alla mistificazione di quanto realmente avvenne alla Magliana ed a Porta S. Paolo a Roma. Omettere, aggiungere e distorcere parve l’ unica strada da seguire per liberarci di un passato ingombrante, il tutto senza avere fatto realmente i conti con cio’ che fummo e cio’ che siamo, convinti che sarebbe bastata una patina di scadente vernice a coprire le nostre magagne, vere o supposte che fossero, con le quali continuiamo ostinatamente a non voler fare i conti.

L’ opera di costruzione di questa memoria collettiva artefatta, di questa immagine disgustosa di noi stessi che da soli ci siamo voluti dare e’ arrivata a capovolgere anche i piu’ elementari valori nel tentativo di dare un minimo di dignita’ a comportamenti che non hanno trovato asilo e cittadinanza in nessun altro paese al mondo. In un bellissimo film di Gabriele Salvatores, Mediterraneo, il regista fa dire ad uno dei suoi personaggi ..” c’e’ stato l’ 8 Settembre, i nemici sono diventati amici e gli amici sono diventati nemici...c’e’ molto fermento...tante opportunita’ di fare denaro “. In questa frase c’ e’ veramente tutta la nostra miseria morale, e’ la rilettura in chiave moderna del “ Franza o Spagna purche’ se magna “ e se un uomo come Salvatores, certamente non sospettabile di simpatie nostalgiche, dipinge in questo modo uno dei momenti piu’ cruciali della nostra storia vuol dire che un certo tipo di favole hanno definitivamente fatto il loro tempo e sarebbe forse ora che noi si faccia realmente i conti con il nostro passato. Guardandolo in faccia,  perche’ probabilmente abbiamo molto meno da vergognarci di quanto ci hanno fatto credere.

I piu’ attivi in quest’ opera di inquinamento della memoria sono stati personaggi che squittivano felici di essere e proclamarsi fascisti tra i fascisti durante il ventennio. L’ elenco e’ infinito ma qualche nome vale la pena di farlo, dal premio Nobel Dario Fo, paracadutista della R.S.I., impegnato ripetutamente in operazioni contro le bande partigiane  a Giorgio Bocca, firmatario di quel Manifesto della Razza che rappresento’ l’ “avanguardia culturale” di quell’ obbrobrio inaudito che furono le Leggi razziali. Bocca fu uno di quelli che le invoco’ e scusate se e’ poco. Cito loro due ma l’ elenco e’ desolantemente lungo, i piu’ sono morti ed umana pieta’ mi obbliga a non turbare il loro sonno eterno. Ho buoni motivi per credere che ci sta gia’ pensando il Padreterno.

Nell’ epoca dellì Euro, dei baciamano, dei signorsi’, dell’ “ Europa che ce lo chiede “ e della sovranita’ estremamente limitata, per non dire inesistente, appare forse difficile comprenderlo ma l’ Italia degli anni ’30 era una nazione rispettabile e rispettata, sul serio. La stessa guerra di Etiopia, portata ad esempio della tracotanza fascista e contrabbandata successivamente come una crudele passeggiata militare ai danni di una povera banda di straccioni, di indigeni indifesi, fu viceversa una dimostrazione di efficienza che l’ Italia forni’ al mondo intero.

Tutti gli esperti militari dell’ epoca ritenevano che la vastita’ e la asprezza del territorio, la mancanza di reti viarie, la lunghezza delle linee di rifornimento, il carattere fiero e bellicoso delle tribu’ etiopi fossero ostacoli insormontabili e prevedevano una campagna lunga e difficile che si sarebbe conclusa con una inevitabile sconfitta. I precedenti, in Africa e dintorni, non mancavano certo, a cominciare da Adua per finire con le terribili bastonate rifilate dagli Zulu ai Reggimenti della sempre piu’ graziosa Maesta’ britannica. All’ epoca non si conosceva la guerra asimmetrica ma le sue regole funzionavano anche allora perfettamente, eccome se funzionavano.

L’ Italia chiuse la partita in sei mesi, lasciando tutti con la bocca aperta. Per fare un adeguato paragone si pensi a come sono andate le cose in Viet Nam e come stanno andando in Afghanistan, dove eserciti moderni, dotati di tecnologie straordinarie che marcano un divario ben piu’ consistente di quello che vi era tra italiani ed etiopi, furono sonoramente sconfitti o si trovano impantanati da un decennio in una situazione senza via d’ uscita.  Si fa un gran parlare inoltre della aggressione all’ unico paese africano aderente alla Societa’ delle Nazioni e dell’ uso di gas da parte italiana. Bisognerebbe anche ricordare che l’ organismo internazionale si era preso tra i suoi membri un paese dove vigeva la schiavitu’, ovvero dove esseri umani possedevano altri esseri umani, che i gas erano di largo e diffuso utilizzo all’ epoca da parte di tutti e che gli italiani ne fecero uso dopo diversi episodi raccapriccianti di torture e mutilazioni ai danni di nostri militari caduti in mano etiope.

Non fu cavalleresco da arte nostra ? Forse ma certamente non meno dell’ utilizzo massiccio del napalm e degli esfolianti a base di diossina che hanno arrostito ed avvelenato decine di migliaia di vietnamiti, del fosforo bianco utilizzato a Falluja, in Irak,  e delle bombe termobariche in Afghanistan i cui effetti sono un piccolo gradino al di sotto di un’ arma nucleare tattica.

Dunque l’ Italia era rispettata ed a ragione. Aveva una propria politica estera ed era poco incline a prostrarsi alle altrui volonta’, possedeva la quinta Marina del mondo e la prima del Mediterraneo, i nostri aerei erano quelli tecnologicamente piu’ avanzati e le crociere atlantiche di Balbo avevano dissolto l’ illusione della irraggiungibilita’ del continente nord americano.

Il  “fuciletto” ’91, portato sistematicamente ad esempio della nostra grossolana impreparazione era molto simile e probabilmente anche superiore a quelli che equipaggiavano i coevi soldati inglesi, tedeschi, francesi ed americani.

Quando entrammo in guerra eravamo impreparati esattamente come tutti gli altri. Manco’ altro e qualcosa venne aggiunto. Mancarono le idee chiare, la volonta’, la decisione ed un quadro strategico preciso. Manco’ da parte del sistema industriale una partecipazione corale allo sforzo bellico e prevalse la volonta’ di liberarsi dei fondi di magazzino. Potevamo tranquillamente produrre di molto meglio ma non lo facemmo e Mussolini sconto’ in quel momento tutti i compromessi che avevano portato il Fascismo a farsi regime, il non avere rinnovato gli alti gradi delle Forze Armate e l’ avere permesso ad una casta di parassiti di continuare ad arricchirsi sulla pelle del popolo italiano. Le solite vecchie, care storie delle quali peraltro siamo prigionieri ancora oggi, per cui si capisce bene di cosa sto parlando.  Si aggiunse a tutto cio’ l’ opera infaticabile di taluni personaggi che si prodigarono in tutti i modi per perdere la guerra. La grave colpa di Mussolini fu non avere modificato la composizione di tali addendi la cui somma fini’ inevitabilmente  col fornire il terribile risultato che conosciamo ma la sconfitta non era affatto annunciata ne’ inevitabile al momento della entrata in guerra, fu il prodotto della sommatoria di vizi italiani, tra i quali purtroppo vi e’ anche una certa tendenza al tradimento. Prima del 25 Luglio nessun pannicello caldo, pietosamente steso a posteriori, puo’ attenuare le gravissime responsabilita’ di quanti collaborarono attivamente col nemico provocando la morte di migliaia di loro compatrioti. L’ Articolo 16 del Trattato di Pace da noi firmato e’, purtroppo, assai chiaro a tale proposito e parla di immunita’ fin da Giugno del 1940 ed il fenomeno fu talmente sfacciato e rivoltante che nel dopoguerra, per cercare di fornire una versione alternativa dei fatti e sopire le polemiche, venne svelato il presunto mistero di Ultra. Anche se molto ci sarebbe da dire basta solo osservare che la decrittazione non e’ una traduzione simultanea come i piu’ sono stati indotti a credere. Porta via molto tempo e non sempre ha successo, pertanto talvolta risulta utile ed altre, molte, interviene troppo tardi per modificare l’ andamento degli eventi.

Ultra non era una macchina ma con questo termine gli angloamericani designavano tutte le informazioni crittoanalitiche di alto livello. Ultra secret, appunto. Indubbiamente gli inglesi riuscirono a violare a fondo parecchie delle cifratrici di flusso utilizzate dai tedeschi tra le quali la famosa Enigma ma e’ altrettanto indubbio che lo sfacciato tentativo di spacciare il volgare tradimento per una capacita’ crittografica al limite del divinatorio ha avuto il solo scopo di fornire un postumo e patetico alibi  a parecchi personaggi che avrebbero dovuto spiegare fin troppe cose.   

Infine Teutoburgo, Macrino ed  i romani. A taluni sara’ apparsa una forzatura mettere insieme Legioni romane ed incrociatori lanciamissili ma non e’ cosi’. La storia va letta tutta insieme ed interpretata poi nel suo complesso. La nostra condizione odierna e’ il risultato della concatenazione di eventi che si sono succeduti nel corso dei secoli, generando una sequenza di cause ed effetti in un contesto di infinite possibili alternative.

In questa mutevole rete stradale dove hanno viaggiato i fatti  e le vicende personali e collettive degli esseri umani, vi sono pero’ degli incroci, dei punti sensibili, ove la deviazione dal tragitto non si e’ limitata ad un allungamento del percorso ma si e’ tramutata in un radicale capovolgimento dell’ indirizzo storico che l’ umanita aveva intrapreso.

Credo che la storia, nella sua complessita’, abbia comunque una naturale tendenza a rendere le cose semplici. Una grande civilta’ ad Occidente, quella romana ed un’ altra ad Oriente, la Cina. Questa era la direzione che il mondo stava percorrendo finche’ non si giunse al fatale incrocio di Teutoburgo. Theodor Mommsen, premio Nobel nel 1902 per la letteratura con la sua opera Romische Geschichte ( Storia romana ), identifico’ quella battaglia come punto di svolta della storia mondiale.

In quel preciso istante le umane vicende presero un’ altra direzione, completamente diversa da quella precedente, diametralmente opposta. Dopo Teutoburgo vi fu la frammentazione dei popoli, la diversificazione esasperata e le migrazioni disperate. Roma rinuncio’ ad espandersi in Europa e dovette col tempo abbandonare molti territori che aveva civilizzato, tra i quali la stessa Inghilterra che fu invasa dai sassoni. Il lebensraum, lo spazio vitale di triste memoria ed il VolksGeist, lo spirito del popolo e quindi le basi stesse del nazionalismo germanico, nascono proprio in questa fase nell’ animo del popolo tedesco.

Si andava verso una grande europa romanizzata e ci si ritrovo’ invece con la totale disgregazione portata dal medioevo e dal sistema feudale. Non concordo con quanti tentano di rivalutare  tale periodo, fu la fine del sogno di un effettivo amalgama dei popoli europei e ad eccezione della breve parentesi di Carlo Magno che dimostro’ unicamente l’ impossibilta’ per chiunque altro che non fossero i romani di portare a termine quanto da loro  iniziato, in definitiva rappresento’ il vero crepuscolo della civilta’ occidentale e l’ inizio dei microcosmi e degli egoismi locali. Una visione comunitaria esclusivamente tribale ebbe il sopravvento, il civis romanus sum, massima espressione della dignita’ del singolo individuo, venne sostituito dai vassalli e dai servi della gleba, tutte le prospettive della razza umana cambiarono radicalmente, il pensiero politico di ampio respiro, illuminato e profondo nello spazio e nel tempo, venne sostituito dalla visione del campanile che non riusciva a spingersi oltre il giardino della propria casa e l’ ideale del tutti insieme venne soppiantato dal tutti contro tutti.

I romani avevano  dato risposte a quesiti che continuano ancora oggi a non trovare adeguate soluzioni. La tanto invocata societa’ multietnica, multirazziale e multiconfessionale, la chimera dei nostri tempi difficili, era da loro praticata con successo  e costituiva parte essenziale di un sistema sociale che sanciva con chiarezza diritti e doveri all’ interno di un  cosmopolitismo che rifuggiva da ogni tipo di razzismo biologico. Il principio di nazione che cerca la sua identita’ nella purezza del sangue ed in deliranti forzature etniche nasce e si sviluppa proprio con la fine di Roma innescando una serie di traumi che perdurano ancora oggi, in un circolo vizioso che pare non avere fine.

Che la faccenda possa piacere o meno l’ unita’ d’ Italia la fecero i romani e le popolazioni del Sud andarono a colonizzare il Nord mano mano che le tribu’ barbare che lo abitavano si sottomettevano a Roma, con buona pace di coloro che inseguono inesistenti radici celtiche chissa’ per quale motivo poi ma tant’e’, qualsiasi elemento porti ad un ulteriore disgregazione del poco che ormai condividiamo pare essere sempre il benvenuto.

Nel sangue dei Veneti, dei Lombardi e dei Piemontesi e’ presente piu’ Puglia e Calabria di quanto non si creda e cio’ da almeno duemila anni. Gli italici divennero popolo con Roma e tale rimasero per oltre ottocento anni, le successive, cicliche invasioni della Penisola non modificarono che marginalmente tale elemento e molti italici erano biondi con gli occhi chiari ben prima degli Svevi e dei Normanni. Fummo il risultato della societa’ multietnica romana ma fummo popolo e se l’ Italia non divenne poi quella espressione geografica tanto cara a Metternich lo si deve a quell’ imprinting originario che genero’ e consolido’ nei secoli un senso di comune appartenenza ed un comune denominatore cui piu’ di mezza Europa e’  peraltro tributaria.

Dopo Teutoburgo la storia tento’ piu’ volte, senza successo, di ricomporre quella frattura lacerante creatasi nel percorso che stava percorrendo ed i cui nefasti risultati sono sotto gli occhi di tutti. L’ ho fatto io, arbitrariamente, in questo romanzo, riportando il centro dell’ azione a Roma, che non a caso venne chiamata Caput Mundi. L’ ho fatto utilizzando l’unico snodo nel quale la storia avrebbe, forse, potuto riprendere la direzione che aveva forzatamente abbandonato.

 

Gianni Fraschetti

 

 

 

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