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Clandestini, che fare?

di Gianni Fraschetti -

Come hanno dimostrato i respingimenti e i pattugliamenti congiunti con i libici portati avanti fino a che Gheddafi visse, quando uno Stato ha la volontà di combattere l’immigrazione clandestina, questa, lungi dall’essere come i soliti sicofanti vaneggiano un evento epocale che non puoi fermare, è invece azzerabile con poche semplici mosse.

Poi sappiamo tutti cosa è accaduto. I vari Sarkozy, che doveva nascondere i finanziamenti illegali libici, il premio Nobel abbronzato e altri interessati soggetti hanno rovesciato Gheddafi e distrutto lo stato nazionale libico e noi, da par nostro, non abbiamo fatto nulla per evitarlo, per colpa della cara salma venduta da decenni ai poteri stranieri e della debolezza intrinseca di Berlusconi che nei momenti topici, quando bisognava alzare il capo, l'ha sempre chinato. E da allora è stata la catastrofe.

Adesso non è più possibile fare accordi con la Libia: non esiste più. Esistono bande che si combattono, lo stato centrale è andato totalmente in frantumi e i nostri rifornimenti di greggio (uno dei migliori, a basso tenore di zolfo) e di gas irrimediabilmente compromessi. E allora che si fa? La soluzione più veloce ed efficace sarebbe occupare direttamente i porti libici e i punti strategici della costa.

Agli Usa la parola occupare piace, noi siamo l'ex potenza coloniale con rilevanti interessi diretti a grave rischio e quindi non sarebbe un problema, con l’assenso e la collaborazione di quel che rimane delle autorità centrali libiche (poca roba), magari vendendo la cosa come consiglieri militari e addestramento, così da far salvare loro le apparenze, oppure anche a brutto muso se dovessero fare troppo i sofisticati.

E dunque sbarcare lì, distruggere tutti i loro barconi, sgominare le loro organizzazioni criminali, occupare oleodotti, raffinerie e terminali di carico e pattugliare le coste. Con la creazione di uno o due grossi campi di identificazione, profilassi sanitaria e concessione dei visti di ingresso per il paese europeo prescelto (mica solo da noi...) e il conseguente ritorno dei respingimenti, da effettuare direttamente lì.

Con tali condizioni laggiù, qui da noi si potrebbe iniziare anche a rimpatriare i clandestini, che questo sono, visto che solo 3.500 soggetti su 150.000 giunti quest'anno, hanno fatto domanda di asilo politico. Dunque gli altri 146.500 non sono né siriani, né marziani in fuga da guerra interplanetarie, ma, nella migliore ipotesi gente in cerca di fortuna, e nella peggiore in cerca di guai. Da rispedire da dove sono venuti.

In questo modo gli sbarchi si azzererebbero, i morti anche e riprenderemmo il controllo su risorse energetiche per noi indispensabili. I costi? L'Europa dovrebbe farsi carico di tutti i costi relaitivi, visto che noi ci metteremmo le vite dei nostri soldati. In una operazione che non sarebbe priva di rischi e di vittime. Questa è l'unica prospettiva possibile.

Una operazione neo-coloniale? Sotto certi aspetti sì, ma anche uccidere Gheddafi lo fu e non avemmo difficoltà a partecipare, con un tafazzismo drammatico e comico a un tempo. Questa almeno andrebbe nel nostro interesse e non solo, perché oltre a essere positiva per noi, e questo è quello che conta, sarebbe anche molto più efficace e umana per loro. Inumano è altro. Inumano è continuare a vendere a questi sciocchi infelici l’idea che qui li si aspetti a braccia aperte, quando invece nessuno, tranne Boldrini e quella confraternita di delinquenti riuniti nella Accoglienza Spa, li vuole. I fatti di Tor Sapienza sono solo i primi timidi bagliori degli incendi che stanno per illuminare a giorno le città italiana.

Ospitiamo dunque questa gente in strutture sul territorio libico. Strutture ben fatte, pulite e organizzate. Non certo campi della disperazione, ma noi italiani queste cose le sappiamo fare, e anche bene. Sarebbe l’unica cosa sensata e intelligente da fare e quindi non abbiamo dubbi che non sarà fatta, soprattutto da un presidente del consiglio che ha paura persino di andare a visitare gli alluvionati, figuriamoci a intraprendere una missione militare di questa ampiezza, e da un diversamente ministro come Alfano, il peggior inquilino del Viminale del dopoguerra, uno che starebbe meglio dall’altra parte del Mediterraneo, a fare danni (a loro) col turbante in testa

Resta da dire un'ultima cosa. Nonostante i vaneggiamenti del papa gesuita, dei media, dei politici, dello stupido buonismo dilagante e di tutto l'interessato mondo dell'accoglienza (a pagamento), che non è assolutamente condiviso dalla maggioranza degli italiani, non abbiamo alcun obbligo morale e materiale verso queste persone. Nessuno li ha invitati e se affogano, comunque, la responsabilità è loro. E le cose vanno dette come stanno, pur nella loro crudezza. L’idea poi di chiedere scusa, come fatto da quel pover’uomo che definimmo premier, fu così demenziale da non essere nemmeno analizzabile: scusa di che? A nome di chi?

L’unico obbligo morale e materiale che abbiamo in questo momento è difendere quel frammento che resta di vivibiltà in Italia e non accellerare la corsa verso il nostro disfacimento, allontanando da noi l'ombra sinistra delle macellaie simbolo di quest'epoca tormentata: le "tecniche", quei micidiali pick up armati che fanno furore ovunque ci si scanna.

Ovviamente non avverrà nulla di quanto auspico, con questa classe dirigente è follia solo sperarlo. E allora?

Qualche giorno fa ho scommesso con un amico che entro la prossima estate vedremo comparire le milizie di quartiere, a difesa della nostra gente ormai abbandonata dalle istituzioni. Pensate che esagero? Gli italiani sono sotto shock per gli effetti della crisi e già abbondantemente oltre il limite di sopportazione. Importare e innestare a forza nelle nostre comunità doloranti migliaia di clandestini senza alcuna qualità e utilità, portatori di potenziali rischi che è anche inutile enumerare, di enormi tensioni e pronti solo a sfruttare il nostro stato sociale è il modo migliore per arrivare anche noi al capolinea. Alle "tecniche". E anche alla svelta.

Spero di sbagliarmi, ma io la penso così.

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