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Quello che ci stanno facendo ha radici lontane: il piano  Morghentau del 1945, ovvero la de-industrializzazione della Germania o se volete la pastoralizzazione

- Gianni Fraschetti -

Il Piano Morgenthau, concepito e proposto da Henry Morgenthau Jr. (da cui il nome del programma stesso), segretario al Tesoro degli Stati Uniti e "casualmente" ebreo, era un programma per l'occupazione della Germania dopo la Seconda guerra mondiale, che propugnava rigide misure finalizzate a impedire alla Germania la possibilità di risollevarsi come potenza economica. Era noto anche come piano di "pastoralizzazione".

Nella proposta originale questo programma doveva essere attuato in tre aspetti principali:

- la Germania doveva essere divisa in due stati indipendenti;
- i principali centri industriali ed estrattivi tedeschi, comprese le zone della Saar, della Ruhr e della Slesia Superiore dovevano essere internazionalizzati o annessi dalle nazioni vicine;
- tutta l'industria pesante doveva essere smantellata oppure distrutta.

Il senso del memorandum firmato stava in questa frase: «Questo programma per l'eliminazione delle industrie belliche nel Ruhr e nella Saar convertirà la Germania in un paese a vocazione soprattutto agricola e pastorale.» Quando le notizie dell'esistenza del programma arrivarono alla stampa, la risposta del presidente Roosevelt alle inchieste che seguirono fu di negare la notizia.

Nella Germania occupata, il Piano Morgenthau si basava sulla direttiva di occupazione degli Stati Uniti d'America (JCS 1067) e sui piani alleati di disarmo industriale, pensati per distruggere la forza economica tedesca tramite una completa de-industrializzazione e l'imposizione di limitazioni sull'utilizzo della rimanente capacità produttiva.

Il piano venne rigorosamente applicato dal proconsole americano in Europa e futuro Presidente USA Dwight Eisenowher

Famose le sue disposizioni in applicazione del "Piano Morgenthau per la pastoralizzazione della Germania", che portarono alla morte per inedia di oltre cinque milioni di civili tedeschi, in aggiunta ai morti per violenza.

Nel 1997 James Bacque pubblicò "Crimes and Mercies" (Delitti e Pietà - Un olocausto nascosto), il libro che rivelò che più di nove milioni di tedeschi, nella maggioranza civili, morirono a causa dello sterminio per fame e delle politiche di espulsione nei primi cinque anni del secondo dopoguerra. Quelle morti non furono accidentali, ma furono il risultato delle politiche deliberatamente genocide istituite da Henry Morgenthau e da Dwight D. Eisenhower. La tesi della ritorsione per la scoperta dei campi della morte è una scusa che non regge, perché la pianificazione iniziò molto prima, nel 1944. Si deve all'umanità di Herbert Hoover e di altri, se di tedeschi non ne furono uccisi di più negli anni del dopoguerra.

All'inizio del 1946 il presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman cedette alle pressioni del Senato, del Congresso e della pubblica opinione, permettendo alle organizzazioni umanitarie straniere di entrare in Germania, per valutarne le condizioni alimentari. A metà del 1946 fu infine permesso ad organizzazioni umanitarie non tedesche di aiutare i denutriti bambini tedeschi.

Il governo degli Stati Uniti abbandonò formalmente il Piano Morgenthau come sostegno alla politica di occupazione nel settembre del 1946, con l'inizio della Guerra Fredda e con il discorso del Segretario di Stato James F. Byrnes dal titolo "Nuova dichiarazione della politica sulla Germania".

Ma i tedeschi evidentemente non lo hanno dimenticato, lo hanno rivisitato, adattandolo ai tempi, e lo hanno servito a noi. Caldo, caldo. L’Italia si è così avviata verso una lenta ma inesorabile fase di deindustrializzazione e dipendenza da potenze straniere, non solo sul piano militare e strategico, ma pure sul piano economico. La crisi dell’euro non è un fenomeno estemporaneo, ma lo strumento di una strategia egemonica finalizzata a demolire (se non si può colonizzare)l'industria pesante e l’economia interna di una nazione “scomoda”, affinché i suoi assets produttivi vengano sterilizzati e resi inoffensivi da un punto di vista concorrenziale.

A nessuno può sfuggire l’idea che negli ultimi trent'anni si sia preparato il terreno per rendere difficile, se non impossibile, la creazione e il mantenimento di grandi realtà industriali ed economiche nel nostro paese. Il fisco, leggi europee stringenti sulla concorrenza, una valuta estera (l'Euro) non direttamente controllata dallo Stato, la privatizzazione della Banca d’Italia e di grandi realtà come l’IRI, l’ancoraggio del nostro debito pubblico a quello tedesco (il noto spread), la forte instabilità politica, le inefficienze burocratiche, una giustizia che non funziona, altro non sono infatti che strumenti di “colonizzazione” e “assoggettamento” dell’Italia ai paesi cosiddetti alleati e alla finanza apolide internazionale.

Il progetto di de-industrializzazione e di pastoralizzazione ( se ci lasceranno almeno l'agricoltura) procede a passi da gigante e l’Italia oggi versa in uno stato economico/sociale pietoso. Siamo alla desertificazione totale: il risultato lampante di una politica economica e industriale deliberatamente suicida che non guarda mai all’interesse nazionale. Del resto, a leggere le dichiarazioni della nostra classe dirigente (politici-manager-industriali-banchieri), rilanciate senza sosta da una stampa che sarebbe riduttivo definire servile, pare che la nostra sola priorità debba essere compiacere l’Europa, sempre l’Europa, solo l’Europa; che poi non è altri che la Germania, i suoi interessi economici e quel piano contro di noi che viene da lontano.

...L'italia sta attraversando una vera deindustrializzazione, corroborata dal fatto che dal 2007 in poi l'indice della produzione industriale ha perso 20 punti percentuali. Quest'evoluzione sembra essere attribuibile sia alla riduzione dell'attività dovuta al rallentamento economico, sia alla chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali di base (petrolchimica, siderurgia e biocombustibili)...

Commissione Europea: rapporto sulla competitività industriale nei paesi membri dell'UE

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