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La grande farsa della liberazione, la strage di Rovetta...la resistenza fu solo odio, vendetta e immotivata ferocia da parte di uomini senza onore. Quarantatre legionari che si erano arresi, alcuni giovanissimi di appena 15 anni, quarantatre soldati protetti dalle leggi di guerra vennero trucidati...

             

“Avete mai pensato a quei giovani legionari… Avete mai ascoltato i loro cuori… E vi fregiate di medaglie bagnate dal sangue di uomini veri”…

(Informare)  - Con l’avvicinarsi della primavera, il 28 aprile di ogni anno, sull’ imbrunire, dalla strada che scende dal Passo della Presolana, raffiche di vento strisciano tra le case poste sotto la montagna, rumoreggiando sulle pietre della via come un passo chiodato; sembra un passo cadenzato: è il marciare dei Ragazzi della Tagliamento, quando di pattuglia, scendevano a valle cantando“… per voi ragazze belle della via che avete il volto della primavera, per voi che siete tutta poesia e sorridete alla camicia nera…” 
Si… è il cantare dei Legionari trucidati a Rovetta, che tornati in quella vallata, risalgono sulla Presolana, dove ogni notte sono di pattuglia… cantano, marciano e, mentre attendono giustizia, si chiedono e chiedono… PERCHE’ ?

C'era un brusio sbigottito tra i paesani in quei giorni di fine guerra. 

In quel piccolo paese bergamasco, Rovetta, così come i tutti i piccoli centri, ogni notizia importante passava di bocca in bocca e, quel 28 Aprile 1945, preannunciava una tragedia che stava avvicinandosi minacciosa. 
Peraltro la gravità della situazione si era già delineata fin dalla mattina presto: quei camion carichi di partigiani armati fino ai denti che venivano da Clusone o forse da Lovere, quelle espressioni dure e la palese intenzione da parte dei nuovi arrivati di fare giustizia sommaria dei legionari prigionieri, non lasciava presagire nulla di buono. 
La guerra era finita da tre giorni ed il paese aveva già vissuto la tragedia bellica con la dolorosa separazione da numerosi suoi figli avviati verso i vari fronti, ma ora avrebbe dovuto essere tutto finito e, gradualmente, doveva tornare tutto alla normalità. Ma così non sembrava. 
Se la guerra aveva sostanzialmente sfiorato il paese con gli oscuramenti ed i controlli, ora il via vai di militari, tedeschi, russi e italiani erano terminati; poi il fronte vero era lontano. 
Adesso, invece, la bruttura della guerra era lì, con le armi brandite minacciosamente sulle porte di casa, e ciò dimostrava che anche il peggio può peggiorare e le minacce attuarsi. 
Ed il "tam tam" preannunciava una uccisione in massa dei soldati che si erano arresi un paio di giorni prima. 
I militari avevano trattato la loro resa con un improvvisato Comitato di Liberazione Nazionale, il quale avrebbe dovuto garantire un ordinato passaggio di poteri da una amministrazione militarizzata sconfitta ad una costituenda amministrazione civile dai caratteri assolutamente imprecisati. 
Il comitato di Liberazione , in acronimo CLN, avrebbe dovuto essere il braccio politico del movimento partigiano armato, gerarchicamente superiore alle brigate in armi; ma erano tempi in cui la confusione era una costante, per cui la forza bruta collegata alla sete di vendetta annullò una subordinazione che, nei fatti, si rivelò una pura e disattesa formalità; e vedremo purtroppo con quali conseguenze. Il capo dei soldati prigionieri era un ragazzo ventiduenne, con gli occhiali, quasi timido che, per quanto privo di esperienze del genere aveva voluto la stesura concordata di un atto ufficiale di resa contenente garanzie per i militari sconfitti. 
E sconfitti non in combattimento! Da giorni ogni comunicazione col loro comando era venuto meno e lo sfaldamento del loro apparato militare era sotto i loro occhi; così le blandizie di un CLN che offriva garanzie senza essere in grado di garantirle ne carpì l'ingenua buona fede. 
Le controparti nella stesura del documento erano stati un militare di carriera, in borghese, ed un sacerdote. Quali più qualificati garanti avrebbero potuto sottoscrivere quell'atto? 
Non sapeva, il ragazzo, che mai un militare in divisa si deve arrendere a civili che non abbiano superiori diretti a cui rendere conto. 
La parola data può essere ripresa, riconsiderata a posteriori; i patti possono improvvisamente diventare privi di valore e, sui piatti della bilancia, finisce per pesare di più la spada di Brenno delle buone intenzioni. 
E la loro sentenza era già stata emessa, e non a Rovetta, ed il ventiduenne poco più che ragazzo con incarichi più grandi della sua età, quando fu brutalmente informato dai nuovi arrivati dei camion del crudele destino che sarebbe toccato a lui ed ai suoi soldati adolescenti protestò, ma inutilmente. 
Ricevette uno schiaffo da un partigiano, una fiamma verde, che gli fece cadere gli occhiali. Poi esibì inutilmente la copia dell'atto di resa, che fu fatto a pezzi. Chiese ancora che fosse lui e lui solo a pagare, e sollecitò per i suoi soldati un trattamento equo così come previsto dai patti sottoscritti, ma tutto fu inutile. 
Dovette così raccogliere dignitosamente gli occhiali e avviarsi al suo crudele destino; fu fatto poi seguire, divisi a piccoli gruppetti, dai suoi soldati. 
Nel frattempo il militare di carriera era scomparso, ed il prete protestò energicamente solo quando i partigiani gli dissero che avrebbero fucilato i militari contro il muro della chiesa, dicendo che glielo avrebbero sporcato, e per il resto subì e fu parzialmente acquiescente. Anche lui si rimangiò la parola: l'importante, per lui, era l'aver scongiurato una futura sconsacrazione della parrocchiale, e tanto gli bastava in quel momento. 
Disonorò sostanzialmente il proprio abito, collocandosi a metà strada tra Don Abbondio e Ponzio Pilato e con l'aggravante di una buona deriva di avidità, pur pentendosi mentre erano in corso le ultime esecuzioni. 
In quel momento mise però molto zelo nel farsi consegnare dai morituri portafogli e valori che mai raggiunsero le famiglie di origine. E dovette scorrere un fiume di sangue prima che la sua coscienza, accecata forse dal risentimento per una motocicletta rubata che i soldati gli avevano trovata tempo prima nascosta in canonica, tornasse a valori ecclesiali, riuscendo a strappare alla morte tre quattordicenni, gli ultimi della lunga staffetta di assassinandi. 
Anche questo fu però grazie alla cooperazione congiunta coi pochi partigiani la cui sopportazione per la carneficina aveva già oltrepassato il livello di guardia. 
Va anche ricordato che un ufficiale partigiano aveva rifiutato di fornire uomini per le esecuzioni… ma “vox clamans in desertum”… non potè fare nulla di più. 
Il prete, invece, tenne poi nascosto il solo fuggitivo dal luogo dell'incarcerazione, che aveva preso il largo grazie alla passiva complicità di uno dei pochi umanissimi carcerieri. 
Questi guardiani improvvisati erano emanazione del pure improvvisato CLN, in cui i personaggi principali erano sempre il prete e l'ufficiale in borghese già citato, e non sapevano delle esecuzioni. E le due autoproclamatosi autorità non si posero neppure lontanamente il problema sul come avrebbero potuto onorare le garanzie offerte. 
Così i carcerieri che facevano riferimento al CLN intuirono che le esecuzioni erano in corso solo quando dovettero consegnare i prigionieri a piccoli gruppi e sentirono poi gli spari. 
Nemmeno i prigionieri sapevano del destino che li attendeva; da quasi 2 giorni venivano vessati da continue minacce di morte e ciò aveva creato in loro, usi più ad agire che a subire, uno stato di confusionale passività e di fatalismo. 
Ma ora lo scenario era mutato, ed andava percepita la nuova variante dato che le minacce di morte erano state proferite da gente diversa . Inoltre i nuovi arrivati della mattina si erano già fatti aprire la porta dell'improvvisata cella con la forza ed avevano percosso violentemente i prigionieri umiliandoli, e costringendoli a strapparsi le mostrine di cui andavano fieri. Sempre i nuovi, non fidandosi del CLN, avevano anche rinforzato il corpo di guardia con loro uomini. Solo uno dei prigionieri intuì istintivamente tutti questi cambiamenti. 
Già un carceriere gli aveva persino detto a bassa voce proibendogli di andare in bagno… “dove vuoi andare che tra tre minuti sei morto”…
Capì che, dopo tante minacce di morte, quella potesse davvero essere la tragica “volta buona” nel senso di cattiva e agì: reiterò la richiesta del bagno e, quando come ultimo desiderio espresso da un condannato vi ci fu portato, fece in modo di chiudere solo parzialmente la porta, e si calò dalla finestra; e la fortuna volle che il “Santo” guardiano gli fosse un poco anche angelo custode in quanto, volgendo il suo sguardo altrove aveva scelto una “amnesia da allarme”…
Ma questo il ragazzo non poteva saperlo; al momento non poteva che essere solo preoccupato di far funzionare al meglio le ali ai piedi, ma li ritroveremo dopo...
Così il fuggitivo si rifugiò nella canonica che era prospiciente al luogo dell'incarcerazione e si impossessò di una pistola lì nascosta; era quella che il suo ufficiale aveva consegnato all'atto della resa ma, nuovamente armato, fu sorpreso dalla perpetua impaurita che gli chiese se fosse uno dei prigionieri. La risposta era quanto mai ovvia e, per evitare possibili urla della donna gli consegnò l'arma e si nascose in soffitta armandosi solo di un pesante pezzo di ferro. Dal nascondiglio in soffitta intravide un certo movimento di armati ai piani bassi, ma nessuno lo cercò. 
E quando il prete tornò dalle esecuzioni (dove oltre ad aver raccolto i portafogli degli uccisi aveva anche officiato frettolosamente le funzioni di "routine" e lo sapeva ormai disarmato dalla sua “truppa”) salì di sopra; lì, di fronte allo scampato, pianse. Gli disse che mai, in 20 anni di fascismo, aveva visto simili fatti e che lui poteva trattenersi in casa sua quanto voleva, e se lo tenne per 3 mesi. 
Cominciava forse tardivamente a pentirsi per la sua accidia…
E, come responsabile del CLN, aveva dovuto constatare che il primo frutto di una libertà giacobina appena conquistata era stata una mostruosità.

AI 43 MILITI DELLA LEGIONE TAGLIAMENTO TRUCIDATI INERMI IN ROVETTA IL 28 APRILE 1945

ANDRISANO Fernando, anni 22
AVERSA Antonio, anni 19
BALSAMO Vincenzo, anni 17
BANCI Carlo, anni 15
BETTINESCHI Fiorino, anni 18
BULGARELLI Alfredo, anni 18
CARSANIGA Bartolomeo Valerio, anni 21
CAVAGNA Carlo, anni 19
CRISTINI Fernando anni 21
DELL'ARMI Silvano, anni 16
DILSENI Bruno, anni 20
FERLAN Romano, anni 18
FONTANA Antonio, anni 20
FONTANA Vincenzo, anni 18
FORESTI Giuseppe, anni 18
FRAIA Bruno, anni 19
GALLOZZI Ferruccio, anni 19
GAROFALO Francesco, anni 19
GERRA Giovanni, anni 18
GIORGI Mario, anni 16
GRIPPAUDO Balilla, anni 20
LAGNA Franco, anni 17
MARINO Enrico, anni 20
MANCINI Giuseppe, anni 20
MARTINELLI Giovanni, anni 20
PANZANELLI Roberto, anni 22
PENNACCHIO Stefano, anni 18
PIELUCCI Mario, anni 17
PIO VATICCI Guido, anni 17
PIZZITUTTI Alfredo, anni 17
PORCARELLI Alvaro, anni 20
RAMPINI Vittorio, anni 19
RANDI Giuseppe, anni 18
RANDI Mario, anni 16
RASI Sergio, anni 17
SOLARI Ettore, anni 20
TAFFORELLI Bruno, anni 21
TERRANERA Italo, anni 19
UCCELLINI Pietro, anni 19
UMENA Luigi, anni 20
VILLA Carlo, anni 19
ZARELLI Aldo, anni 21

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