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(Credits: LaPresse)

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Gianandrea GaianiLa giustizia indiana ha rinviato ancora una volta la decisione sul ricorso italiano circal’applicabilità delle leggi indiane all’incidente che ha coinvolto due fucilieri di Marina italiani e la petroliera Enrica Lexie lo scorso 15 febbraio. L’Alta Corte del Kerala si esprimerà in proposito (forse) solo venerdì.

A giustificare l’ennesima  beffa all’Italia sarebbe un ‘‘vizio di forma” rilevato dal giudice Gopinathan nella domanda di ricorso. Una scusa già utilizzata dallo stesso magistrato per prendere tempo, forse proprio perché consapevole che il diritto internazionale impedisce di processare militari stranieri per fatti accaduti fuori dal territorio o dalle acque nazionali. Rinviato, ma solo a domani, anche l’esame della richiesta dell’armatore di consentire alla petroliera Enrica Lexie di salpare dal porto di Kochi.

Se l’arroganza indiana ormai non sorprende più, lascia invece perplessi l’atteggiamento del governo italiano. Ieri il premier Mario Monti ha incontrato a Seul il primo ministro indianoManmohan Singh incassando però solo un impegno per “una soluzione amichevole” della vicenda dei due marò e per assicurare loro “condizioni adeguate allo status militare”. Monti ha sottolineato la necessità di adottare una linea morbida con Nuova Delhi evitando di “battere i pugni” per favorire “esiti non sfavorevoli”.

Secondo quanto riportato dalla stampa indiana  in realtà Monti avrebbe addirittura accettato la giurisdizione di Nuova Delhi sulla vicenda dei due militari italiani. L’agenzia Indo-Asian News Service, citando una fonte del governo indiano che ha parlato con i giornalisti a margine dell’incontro bilaterale, ha annunciato la decisione italiana.

La notizia è stata poi ripresa dal Times of India che sottolinea un “cambio di atteggiamento e tono” da parte dell’Italia che ora, per bocca del premier, “rispetta la giurisdizione indiana sui due detenuti”. Riferendo dell’incontro, il quotidiano sottolinea che Singh ha spiegato “che il processo giuridico è in corso e fonti aggiungono che il premier italiano gli ha detto di rispettare tale processo”. Monti, sempre secondo il Times Of India, “non ha fatto specifiche richieste sulla questione e ribadito a Singh di rispettare la giurisdizione indiana chiedendo al premier indiano di poter sapere tutto quanto può essere fatto all’interno di tale cornice giuridica”.

In attesa di reazioni da Palazzo Chigi vale la pena sottolineare che un simile atteggiamento equivarrebbe a rinunciare al pilastro portante della difesa di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. L’altro elemento cardine, cioè l’estraneità dei militari alle raffiche contro il peschereccio Saint Antony, è stato indirettamente messo in discussione dal sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, che ieri ha ribadito per l’ennesima volta che qualora gli esiti della perizia balistica (attesa ormai da oltre un mese) dimostrassero che a uccidere i due pescatori sono state le armi italiane andrebbe comunque ribadito che “i militari non possono essere giudicati che in Italia”.

Paradossale che sia il governo italiano a rinunciare a far valere il diritto internazionale e a mettere in dubbio il rapporto presentato dai due fucilieri e dal comandante della Enrica Lexie. Anche perché a confermare la malafede delle autorità indiane è emerso un rapporto indipendente realizzato dall’ingegner Luigi Di Stefano (perito forense e consulente tecnico su numerosi gravi incidenti incluso il caso Ustica) che mettendo a sistema i dati noti e utilizzando Google Earth demolisce una per unatutte le argomentazioni dell’accusa evidenziando omissioni, reticenze, bugie, false, testimonianze degli indiani e dimostrando che la Enrica Lexie e il peschereccio non si sono mai nemmeno incontrati.

Il rapporto è accessibile in rete e sarebbe utile che lo leggessero anche alla Farnesina e a Palazzo Chigi. A meno che la linea di condotta del governo per riportare a casa Latorre e Girone non sia quella di rimettersi alla clemenza della corte del Kerala.

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