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di Gianni Candotto -

 

Pansa di recente ha pubblicato un saggio intitolato “La Destra siamo noi” che abbiamo letto e deciso di commentare, come sempre interessati a chi scrive sulla storia della Destra in Italia.
Avevo inizialmente delle forti perplessità su ciò che avrei trovato nel libro a causa di un sottotitolo alquanto fuorviante: “una controstoria italiana da Scelba a Salvini”, che lasciava intuire un calderone di personaggi che poco o nulla avevano a che fare con la storia della Destra.

Di studi o saggi storici sulla storia della Destra politica in Italia c’è una grande carenza, per non dire quasi totale assenza e il sottotitolo lasciava intuire che il vuoto non sarebbe stato colmato dall’ultima fatica di Pansa. Infatti leggendo il libro si capisce che l’Autore non si prefiggeva minimamente di colmare quel vuoto.

Il saggio, sempre scorrevole e anche avvincente, è una serie di aneddoti su vari personaggi, alcuni appartenenti effettivamente alla Destra italiana, altri buttati dentro un po’ arbitrariamente, alcuni rilevanti e altri aggiunti come strumento narrativo per raccontare alcune vicende “di costume”.

Tralasciando i capitoli dedicati alle note di colore, che vanno dal deputato diccì, cattolico tradizionalista, che frequentava un transessuale negli anni ‘50, al parlamentare monarchico che aveva una relazione con un commesso della Camera, tranne poi sposarsi con una deputata del PCI, o alla prostituta ebrea di tendenze missine, che sono orpelli sessuali ultimamente troppo presenti nella produzione pansiana, che vengono aggiunti per evidenti motivi di basso mercato ma che a giudizio di chi scrive sono inutilmente morbosi, gli aneddoti riguardano personaggi di primo piano della Destra italiana (Pisanò, Almirante, Borghese, Michelini, Rauti) o giornalisti e intellettuali appartenenti a vario titolo alla stessa area in una accezione più ampia (Giovannino Guareschi, Gianna Preda, Indro Montanelli, Franco Freda, Armando Plebe).

Vi sono poi personaggi un po’ arbitrariamente aggiunti alla lista con l’unica motivazione dell’essere stati considerati “fascisti” da Pci e dintorni (Scelba, Cefis, Sogno, Romiti, Fanfani, Salvini), per poi ricordare alcune vicende della storia insanguinata degli anni 70 (dal Rogo di Primavalle, all’assassinio di Ramelli e da piazza Fontana alla strage di Bologna. Sia su piazza Fontana che su Bologna, Pansa dichiara di non credere alle trame nere. Su Bologna riporta le argomentazioni di Area sulla “pista” palestinese).

Tuttavia nessuno dei personaggi, alla fine, sembra essere il soggetto reale del libro e nemmeno l’insieme degli aneddoti narrati. Il soggetto reale de “La Destra siamo noi” è Pansa stesso. Non è infatti una storia della Destra italiana che ci narra, ma è il suo nuovo rapporto con la Destra stessa. Quasi una sorta di riappacificazione postuma nei confronti di un mondo che oggi vede con occhi diversi e di coloro che ha  maltrattato in passato con la sua penna.

E così l'autore ricorda di essere stato inutilmente cattivo con Almirante, e ricorda Freda, scagionandolo dalle accuse di Piazza Fontana, e descrivendolo come “un hombre vertical”, un uomo tutto d’un pezzo, un guerriero che faceva anche paura, ma in un senso complessivamente lusinghiero.

Se su Pisanò Pansa si era già espresso in passato in termini estremamente positivi, il ritratto inedito e migliore lo dedica al Principe Junio Valerio Borghese, il Comandante della X Mas.
Inizia il capitolo derubricando a fantasia dietrologica dei giornali il cosiddetto golpe Borghese, lo scagiona da attività antisemite e ci rende un Principe preconizzatore del futuro dello stesso Pansa. Le parole –in sunto- di Borghese: “Lei un giorno scriverà una storia imparziale della guerra civile. Oggi non potrebbe farlo, ma un domani ci riuscirà. Questo è il mio consiglio. Si farà molti nemici. Ma incontrerà anche molti amici che non si aspettava di conoscere. Nello scrivere la storia esistono regole di opportunismo ferreo e anche lei dovrà osservarle. Tra molti anni però riuscirà a liberarsi da certi vincoli”

L'autore ci consegna dunque un Junio Valerio Borghese quasi fosse suo padre spirituale.
E così anche la personale guerra civile di Pansa degli anni passati, contro le vicende e i soggetti della destra italiana, si chiude con un riconoscimento e una riappacificazione morale che farà comunque storcere il naso a molti ma che a noi fa piacere, e tutto sommato è un libro che merita di essere letto.

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