(Gianfrasket) - L'11 marzo 1944 i trentotto velivoli M.C.205 del 1º Gruppo Caccia "Asso di bastoni" dell'Areonautica Nazionele Repubblicana della RSI, comandato dal giovane maggiore Adriano Visconti di Lampugnano, l'asso degli assi italiani della 2^ GM, unico presente al Museo dell'aria e dello spazio di Washington, e articolato in tre squadriglie (1ª Squadriglia "Asso di bastoni", 2ª Squadriglia "Vespa incacchiata" e 3ª Squadriglia "Arciere"), presero parte a un'azione per contrastare un intenso bombardamento statunitense sulla città di Padova condotto da più di cento Boeing B-17 "fortezze volanti" scortati da oltre cinquanta P-47 Thunderbolt del 325th Fighter Group, che colpirono lo scalo ferroviario di Padova ma causando anche la distruzione della Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani.
Stando a un'altra fonte i bombardieri statunitensi erano dei B-24 Liberator e, compresa la scorta di P-47 e P-38, erano forti di trecentoottanta macchine. Nel corso del combattimento, che durò quaranta minuti, la 1ª Squadriglia riuscì ad abbattere sei Thunderbolt, perdendo però i tenenti Guerino Bortolani e Giovanni Battista Boscutti, mentre la 2ª e 3ª Squadriglia, affidata al tenente Amedeo Guidi, riuscìrono a segnare sei vittorie complessive (tre bombardieri e tre caccia di scorta) al prezzo di un pilota ucciso (sottotenente Castellani) e un aereo distrutto (il sottotenente Stella che fece un atterraggio d'emergenza nei pressi di Adria).
La perdita di quattro aerei e tre piloti comportò una riduzione del 10% della forza complessiva del reparto. I piloti statunitensi protagonisti dell'azione sottolinearono la grande aggressività della caccia italiana che creò loro un mucchio di problemi e ammisero la perdita di due velivoli e il grave danneggiamento di altri sette
Un mese fa l’Anpi di Roma ha denunciato per «apologia di fascismo» un gruppo di persone che al sacrario della Rsi di Nettuno hanno deposto una corona di alloro con un nastro tricolore e la scritta «il mio onore si chiama fedeltà».
Le cose stanno infatti ancora così, e dopo le fatidiche affermazioni sul «male assoluto» di Gianfranco Fini e la sua scoperta che «l’antifascismo è un valore», a 70 anni dalla fine della guerra mondiale e civile, diventano sempre più difficili e complicate. La «pacificazione nazionale» è ancora lontana e di fatto non avverrà mai se i «buoni» continueranno ancora e sempre a essere solo da una parte e i «cattivi» solo dall’altra, per principio e per definizione.
Quei piloti italiani che in quella fredda mattina di Marzo affrontarono i velivoli nemici diretti verso una città piena di civili, in uno scontro disperato uno contro dieci furono dunque dei «traditori», dei «servi dei nazisti», dei «responsabili morali dell’olocausto»?
Molte lacrime si sono sparse sul recente libro dal romantico titolo Le ali del mattino di Thomas Childers (Mursia) che narra la tragica vicenda dei coraggiosi membri dell’equipaggio dell’ultimo bombardiere americano che ebbe la disgrazia di essere abbattuto sulla Germania il 21 aprile 1945. Se fu l'ultimo aereo a essere abbattuto vuole dire che evidentemente, nei successivi 15 giorni, sino alla fine della guerra, non ne furono colpiti altri a dimostrazione che gli aerei alleati potevano indisturbati spargere morte sulle città tedesche ormai totalmente indifese. E dunque cosa bombardavano a fare, per ammazzare donne e bambini?
Si trattò di sfortunati eroi che combattevano per la democrazia, dicono, ma veniamo ad altri aviatori. Ai nostri aviatori. Il Gruppo «Asso di Bastoni» comandato dal Maggiore Visconti di Lampugnano (ucciso a Milano dai partigiani che gli spararono alle spalle dopo la resa del suo reparto, come ha raccontato di recente Giampaolo Pansa - ndr), 38 aerei in tutto, si alzò in volo quel fatidico 11 marzo 1944 per ingaggiare i bombardieri diretti a Padova. Erano uno contro dieci, dunque quasi certi di morire. Si accese la mischia e Giovanni Battista Boscutti, della 1ª Squadriglia, venne abbattuto mentre con il suo caccia Macchi 205 Veltro cercava di contrastare i velivoli alleati
La sua storia, e la storia del ritrovamento dei resti suoi e del suo velivolo, sono raccontate da Madina Fabretto in Con tutte le mie forze con allegato un CD del gruppo musicale «La Compagnia dell’Anello» che ha composto una canzone in suo ricordo e onore che alleghiamo in calce all'articolo (il volume è stato sponsorizzato dalla Provincia di Padova, alla quale si può richiedere).
Ebbene, Boscutti fu dunque un lacché di Hitler, un traditore della Patria, un rappresentante nel suo piccolo del «Male assoluto», oppure un vero eroe, un cavaliere del cielo disinteressato e misconosciuto, che si sacrificò consapevolmente, come quasi tutti i piloti da caccia della della RSI, per contrastare i bombardamenti terroristici alleati sulle città italiane del Nord, certo non obiettivi militari, che fecero decine di migliaia di morti?
Nessuno osa raccontare la loro storia e quella del capo di Stato Maggiore della ANR, Beppe Baylon, asso della guerra di Spagna, che ai suoi superiori chiese soltanto aerei da caccia per impedire gli attacchi delle Fortezze volanti su paesi e città, e non bombardieri per colpire le truppe nemiche.
Cosa furono questi militari? Come definirli dopo tanti anni? Come parlarne nei libri scolastici? Come trattare i superstiti? Mi piacerebbe una risposta da parte di tutti per capire se dopo 70 anni siamo almeno in condizioni di guardare alla nostra storia con un minimo di serena obiettività.