(Daniela Ranieri) - Non si sa da dove cominciare. Se dall’abbraccio “petto contro petto” da giocatori di basket tra Barack e Matteo o dalla “cena vip” all’Ispi (menu: “lecca lecca al parmigiano e lasagna croccante”, dice il Corriere), con Mario Monti nel ruolo di rompicoglioni che “comunica le intolleranze” alla cucina e il buontempone toscano che cerca di sciogliere la rigidità del bocconiano. È tutto troppo comico, tragico, in una parola: italiano, per renderne conto con la dovuta lucidità. Proviamo.
CHEESE!
Sfruttamento dell’immagine dell’ospite presentato a tutti come uno “zio d’America”
Obama, a Milano per uno speech a un forum sul cibo a cui è stato possibile assistere ieri al prezzo popolare di 850 euro a capoccia (evento che Matteo tenta di rivendersi come effetto dell’Expo), scende in un 5 stelle al Duomo, dove dopo il riposino e un gelato lo raggiunge Matteo. Il quale, in maniche di camicia, gli racconta per un’ora e venti quale rivoluzione young sia stata fare fuori dalla direzione del Pd Cuperlo, insipiente di Playstation com’è, per metterci dentro 20 “millennials” (dal che Obama capisce che nel frattempo è diventato praticamente bilingue). Dunque concordano che l’unica speranza sono i giovani (l’80% dei quali, infatti, ha votato No al referendum). Con la sobrietà che lo contraddistingue, appena fuori Renzi si fa fotografare e tagga Obama su Instagram: “Un amico e un grande leader @BarackObama in gran forma: ha ancora molto da dire e da dare alla politica mondiale”, scrive nell’evidente stato alterato di allucinazione cui a volte vanno soggetti i fanatici e gli imvecilli.
Indi si recano in Suv alla cena all’Ipsi organizzata dalla Fondazione Obama, che ha in tutta evidenza ritenuto indispensabile la presenza del segretario del Pd, il quale si muove come Arlecchino tra l’ospite d’onore e gli autoctoni, lui da sempre servitore di due padroni: l’Europa e l’anti-Europa; l’anti-populismo e gli 80 euro; l’establishment e il cambiamento; le clausole di salvaguardia e le critiche all’austerity.
Zompetta tra i riccastri, fra i quali si sente a suo agio, e quella statua vivente di speranza dem che è Obama; convince Monti a togliersi la cravatta; crea empatia tra Obama, le cui figlie giocano a soccer, e Diego Della Valle, che possiede la squadra femminile della Fiorentina. Ci manca solo che passi tra i tavoli come lo sposo ai matrimoni.
Appropriatosi del brand Obama al quale rivende il brand Italia, l’anfitrione vanta un diritto di prelazione dalla cena alla Casa Bianca - dove si portò dietro le “eccellenze” italiane dello sport, del cinema e dell’anticorruzione – e come Obama sente di essere stato ingiustamente abbattuto dall’ignoranza e dall’oscurantismo (Trump come il No al referendum).
Così tra Della Valle, Tronchetti Provera, John Elkann, Luisa Todini, Emma Marcegaglia, Luca Cordero di Montezemolo e l’ex ambasciatore John Phillips (quello che chiese agli italiani di votare Sì), ma nessun lavoratore vero, il boy scout della provincia toscana gongola, s’atteggia, galleggia nel suo brodo. Purtroppo non sono potuti venire Sergio Marchionne e Donatella Versace, altrimenti la quota di eleganza sprigionata nella sala affrescata dal Tiepolo sarebbe stata insostenibile.
La cena procede tra quelle cose degli americani in Italia: il cibo, la luce della Toscana “unica al mondo”, Dante, Fellini… Con Matteo che presenta Barack agli imprenditori come lo zio che ha viaggiato presenta l’ospite straniero ai parenti ricchi. Non ci sorprenderebbe se avesse chiesto a Della Valle di tirare fuori una scatola da sotto il tavolo per mostrare a Obama un paio delle scarpe che produce e vendergliele lì su due piedi.
Chissà se Obama crede davvero che Renzi sia l’avanguardia della democrazia, o se lo apprezzi proprio per la sua figura pittoresca, come i turisti che vanno in gondola o gettano la moneta dentro Fontana di Trevi.
Albertosordismo allo zenith quando Renzi chiede a Obama se ha già sentito Macron e, avuta risposta negativa, estrae il cellulare con savoir-faire, chiama Emmanuel e gli passa Barack per le felicitazioni.