
(Da una riflessione di Marco De Rosa) - Cucchi non era Nanni De Angelis, non era Alberto Giaquinto, non era Stefano Recchioni. E non era nemmeno Ettore Muti, assassinato con un colpo alla nuca nella pineta di Fregene dai reali carabinieri.
Era letame e qui nessuno intende azzardare paragoni che non stanno né in cielo né in terra, offensivi anche solo a pensarli.
Cucchi era un tossico che manteneva il suo vizio spacciando davanti alle scuole. La razza peggiore, quella che devasta le famiglie portando dolore e disperazione.
Un individuo spregevole, quindi, che se fosse passato a miglior vita cadendo in un fosso mentre era fatto, non si sarebbe meritato una sola lacrima, ne’ una riga d’inchiostro.
Così come personaggio quantomeno discutibile è la sorella, che l'ha abbandonato in vita (non spenderò più un euro per quel delinquente), salvo poi riscoprirlo una volta cadavere come remunerativa icona, costruendo sul fratello morto una ben avviata industria del dolore che le ha portato notorietà, benessere economico e una carriera. Professione sorella...Un po’ come i genitori di Giuliani che hanno scoperto d avere un figlio dopo che è morto ammazzato, anche se farai due ragazzi non c’è alcuna similitudine. Uno era un idealista, l’altro un delinquente. Uno che avvelenava i nostri figli.
Ed è vero pure che il caso Cucchi ha goduto di una copertura mediatica e di un'attenzione che altri morti non hanno minimamente avuto, e che molto ha contribuito a incrinare il muro dei depistaggi e delle omertà, ma si sa che avvicinandosi a certa sinistra e al Pd si gode di luce riflessa e di parecchi vantaggi, anche se sei stato un delinquente della specie più lurida.
E come non incazzarsi al pensiero che, contrariamente allo spacciatore Cucchi, i «nostri» ragazzi assassinati dallo Stato mai potranno contare su un film applaudito ai festival che faccia luce sul loro martirio?
Tutto questo è vero, solare, scolpito nella pietra.
Ma, diosanto, che cosa c'entra con quello di cui si parla oggi?
Perché, fino a prova contraria, quello di cui si parla non sono le qualità umane o la dimensione morale del signor Cucchi Stefano e della di lui sorella.
Ma il fatto che rappresentanti dello Stato, uomini in divisa che lo avevano in custodia, abbiano pensato di poterlo ammazzare di botte, senza nemmeno la scusante della ragion di Stato e che poi lo stesso Stato, di cui l'Arma dei Carabinieri è un'espressione, abbia pensato di poter disinvoltamente insabbiare l'accaduto.
Ma alla fine Cucchi avrà quella stessa giustizia che Nanni attende invano da quasi quarant'anni.
È questo è uno schifo, una vergogna, una cosa da far salire il sangue agli occhi.
Ma se le istituzioni di merda di un Paese di merda, imbevuto di antifascismo da operetta, hanno gettato una cappa di silenzio e impunità su quella e altre morti «scomode», non è auspicando il medesimo destino per l'omicidio Cucchi che rendiamo omaggio alla memoria dei nostri caduti.
L'omaggio, al limite, glielo rendiamo (anche) impegnandoci affinché nessuno debba più morire mentre si trova indifeso in una cella, nella stanza di una questura o di una caserma.
Neppure se si tratta di uno come Cucchi, una immondizia umana che tutto era tranne che un eroe o un modello positivo da innalzare in piazza (qualcuno invero oggi tenta goffamente di farlo, ma è il solito squallido teatrino che non cambia i termini del discorso).
Anche perché, e non dimentichiamolo perché è fondamentale nella vicenda, quelli mica l'hanno pestato perché era un tossico e uno spacciatore che vendeva veleno ai nostri figli.
Mica perché pensavano, in questo modo, di portare «giustizia» o contribuire a debellare la piaga della droga.
No, l'hanno pestato perché hanno perso il controllo, o semplicemente perché gli andava di farlo e tutto sommato pensavano rientrasse nelle prerogative e nelle impunità della divisa.
Sarebbe potuto capitare a chiunque di noi, che pure non ci droghiamo e non spacciamo.
A chiunque abbia avuto la ventura di entrare in una di quelle stanze in stato di fermo.
Sarebbe potuto capitare a chiunque. E a qualcuno, che non spacciava, che non rubava, che era colpevole solo di difendere il suo popolo, sia maledetto quel giorno, è capitato davvero.