di Italicus -
Michaela Biancofiore è un disastro e lo sappiamo tutti. Il termine impresentabile, se mai dovesse essere coniugato con un essere umano si declinerebbe benissimo con questa esagitata suffragetta del berlusconismo senza se e senza ma. Per qualificarla come si deve basta passare in rassegna le sue interviste, i suoi interventi pubblici, il suo autodefinirsi “amazzone”, senza essere sfiorata nemmeno da un residuale senso del ridicolo. Al suo cospetto Laura Ravetto, altro raro esemplare di donna di centrodestra, fa la figura di una intelligente. Tutto dire insomma. Non ha quindi stupito piu' di tanto il giusto putiferio scatenatosi sulla nomina della bionda walchiria a sottosegretario per le Pari Opportunità. C'era poco da opporre in fondo, dopo aver riletto bene il suo curriculum e le sue prese di posizione che la rendevano non certo adatta per quel ruolo (ammesso che la Biancofiore sia adatta a ricoprire qualsivoglia incarico di governo, cosa della quale dubito fortemente). In tre ore, quindi, Enrico Letta, da buon democristianone di lungo corso, ha preso in mano la situazione e l’ha silurata con il piu' classico dei "..promuoveat ut amoveatur...". Ci stava tutto e siamo tutti d'accordo, sarebbe bello, però, che adesso lo stesso trattamento venisse praticato a un’altra signora grandi firme di questo esecutivo: Cécile Kyenge, l’improbabile Ministro dell’Integrazione. In una settimana di lavoro, l’oculista di Modena ne ha sparate a dozzine, una peggio dell’altra, dimenticando forse che il suo non è un governo Pd-Sel-Rifondazione-Partito Comunista dei Lavoratori. Insomma, non e' che puo' fare proprio come le pare e piace. O come pare e piace ai suoi mentori. Nell'assumere il suo incarico, domenica 28 aprile al Quirinale, la Signora Kyenge aveva pronunciato la formula rituale: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione”. Una formula chiara, che non si presta ad alcuna interpretazione. Specialmente dove si parla di "...interesse esclusivo della nazione...", ma nella sua prima conferenza stampa, a Palazzo Chigi, venerdì 3 maggio, ha detto testualmente “...non potrei essere interamente italiana...”, ammettendo con cio' di essere totalmente incompatibile con il giuramento da lei prestato di esercitare le sue funzioni nell'interesse “esclusivo” della nazione (italiana). Queste le sue testuali parole: “Sono italo-congolese e, tengo a sottolinearlo, sono italo-congolese perché appartengo a due culture, a due paesi che sono dentro di me e non potrei essere interamente italiana, non potrei essere interamente congolese, ciò giustifica anche la mia doppia identità, ciò giustifica ciò che io mi porto dietro. Questa è la prima cosa con cui io vorrei essere definita”.
Siamo al limite dello psicodramma a quanto pare. Per la prima volta nella storia della Repubblica viene designato un ministro con un grave problema di identita', che non si sente, poveretto, del tutto italiano e che peraltro non intende neppure diventarlo perché si concepisce come depositario di una doppia identità nazionale, italo-congolese, sostenendo candidamente di appartenere a due paesi e a due culture. Nulla da eccepire se fosse un privato cittadino ma elemento che stona alquanto con la delicata funzione che la Signora Kyenge e' stata chiamata a svolgere. Probabilmente chi l'ha nominata non era a conoscenza di tale angoscioso dilemma poiche' in aggiunta alla chiara incompatibilità costituzionale e politica nell'affidare un ministero della Repubblica a un cittadino che non si riconosce né intende riconoscersi nell'identità italiana nella sua integralità, la Kyenge incarna lo stravolgimento totale della nostra cultura e della nostra tradizione circa il concetto di cittadinanza, di società, di Patria e di nazione. Ecco infatti le sue prime esternazioni. Primo giorno di lavoro: “Cancellare la Bossi-Fini”. Quarto giorno: “Introdurre subito lo ius soli”. Quinto giorno: “Troppo lunga la detenzione nei centri d’identificazione”. Sesto giorno: “Cancellare il reato di immigrazione clandestina”. Il tutto condito da simpatiche battute, tipo “Balotelli è meticcio”, “l’Italia è meticcia”, “Io sono nera e non di colore”, “Ho 38 fratelli”. Non intendiamo antrare nel merito sul resto ma facciamo notare alla Signora Ministra che Balotelli, pur essendo nato a Palermo da genitori biologici ghanesi, e' stato dagli stessi abbandonato ed adottato da una coppia ITALIANA. Ora, nell'apprezzare la furbizia che ha spinto la Signora Ministra ad utilizzare un calciatore per venderci veleno, le rammentiamo che noi saremo pure tante cose ma ancora non siamo una razza meticcia, come simpaticamente ci ha voluto definire. Fortunatamente, qualcuno l’ha richiamata all’ordine, ricordandole qual è il suo posto: ministro senza portafoglio, ossia poco più di una pianta ornamentale a Palazzo Chigi. Un po’ come fu Gianfranco Rotondi alla testa del ministero dell’Attuazione del programma. Kyenge pero' non si arrende e ribatte con il “suo” programma, tra i sorrisi dell’umanitaria Boldrini e gli orgasmi dei vendoliani che la vedono come il cavallo di Troia nel giovane governo democristiano. Riteniamo che il buon Letta a questo punto dovrebbe prendere da parte la signora ministro e spiegarle che il suo non è il Ministero dell’Interno, che lo ius soli non è cosa che le compete, così come la permanenza nei centri d’identificazione temporanea che restano comunque uno scandalo per come sono organizzati. Se cio' non avverra' saranno ampiamente giustificate le urla del PdL che e' oramai incalzato da milioni di italiani infuriati per questa storia e chiedera' per lei lo stesso trattamento ricevuto dalla Biancofiore. Non si vede peraltro dove le battute delle due si differenziono ed essere messi sullo stesso piano dell’amazzone Michaela non è per nulla esaltante per chi ci capita. Anche se' e' nera, e' italo congolese, non si sente italiana ma vuole far diventare tutti italiani. Noi non siamo pregiudizialmente contrari e rispettiamo ogni singolo essere umano ma sosteniamo con forza che l'integrazione deve necessariamente avvenire nel contesto dei valori dell'identità nazionale e delle regole della cittadinanza italiana, così come chiediamo che l'immigrazione, al fine di consentire una dignitosa politica dell'accoglienza, deve essere ben regolamentata favorendo quindi a monte lo sviluppo e condizioni di vita dignitose nei paesi d'origine degli immigrati affinché l'emigrazione sia frutto di una scelta e non di costrizione. Nella Legione straniera ci si dichiara francesi non "...per il sangue ricevuto ma per il sangue versato...", e' italiano, dunque, prima di tutto chi ama l'Italia, non chi e' tormentato dai dubbi a tale proposito. A cominciare dalla Signora Ministra.